Dao De Jing

Senza uscire dalla porta di casa puoi conoscere il mondo,
senza guardare dalla finestra puoi scorgere il Dao del cielo.
Più si va lontano, meno si conosce.
Per questo il saggio senza viaggiare conosce,
senza vedere nomina, senza agire compie.
Dao De Jing, Lao Zi

lunedì 28 giugno 2010

Temi fondamentali della speculazione filosofica cinese

Le scuole di pensiero

Come abbiamo detto, le basi del pensiero cinese risalgono al Periodo Assiale, momento di fioritura del pensiero filosofico, religioso e scientifico delle grandi civiltà del mondo antico. La formazione e l’evoluzione del pensiero cinese classico si concentra tra il 500 e il 200 a.C., epoca di grandi trasformazioni politiche e sociali, nella transizione dal sistema feudale all’impero unitario.
In questo periodo in Cina, si verificò il crollo delle strutture arcaiche e parallelamente lo sviluppo delle clientele, la nascita e il consolidamento dello Stato, la formazione del soldato-contadino, la comparsa del mercante-imprenditore e quella del funzionario stipendiato.
E’ nel contesto di una società clientelare che debbono essere collocate le prime scuole di pensiero cinese: lo sviluppo delle cliente è stato favorito, in ogni singolo regno, prima della fondazione dell’Impero, dall’arricchimento del mondo cinese. I re, i nobili potenti, i grandi ministri mantengono , oltre alla milizia personale, una corte di buffoni, musici, artisti ed artigiani e fra questi diplomatici, saggi, consiglieri.
Questi maestri di morale e di politica, se raggiungevano una certa celebrità, si circondavano di discepoli e formavano delle scuole, delle volte anche con molte centinaia di adepti. I capiscuola si spostavano di regno in regno, offrendo i loro servigi alla corte dei principi e facendosi mantenere da tutti coloro che erano in cerca di saggezza.
Il primo dei capiscuola in ordine cronologico è Kong Zi (Confucio). Egli è ancora influenzato dalle attitudini morali che un tempo erano proprie della classe nobile: moderazione, rispetto dei riti, fedeltà alle antiche tradizioni. La prospettiva di Kong Zi è sostanzialmente conservatrice, nel senso che mirava a ristabilire il rispetto dei valori e soprattutto dei comportamenti tradizionali, anche dal punto di vista formale. Nella visione dei confuciani, la società doveva strutturarsi su una rete gerarchica ben stabilita e sul principio di un paternalismo autoritario, sanciti da pratiche formaliste e da comportamenti prescritti; l'organizzazione statale era improntata al modello delle relazioni esistenti nella famiglia. Come l’autorità del padre, contemperata dal suo impegno a procurare ai familiari prosperità e sicurezza, era indiscussa, così nello Stato, il condizionamento pervasivo di ogni pensiero e di ogni atto era ritenuto indispensabile per garantire l’ordine, la pace e la prosperità materiale.
Più tardi, appare un altro caposcuola, Mo Zi, rappresentante di una nuova classe sociale meno nobile ma impegnata nelle forze armate, denuncia i vizi della classe dirigente. Anche lui moralista, propugna tuttavia degli ideali di altruismo generalizzato, ed è fautore di un potere autocratico fondato sulle classi più povere e vicine ai contadini. I suoi membri si adoperano per far cessare le guerre o difendere le città ingiustamente attaccate. Ma oltre all’arte della difesa, Mo Zi insegna anche l’arte della parola; una delle attività principali dei membri consiste appunto nel procurare neofiti e nel convincere i potenti della loro ingiustizia ed empietà. I discepoli di Mo Zi sono i primi a porre le basi di un’arte del discorso, ed è infatti tra loro che nascono i primi dialettici.
Altre correnti dovevano nel frattempo favorire la comparsa di una sofistica cinese nel IV e III secolo a.C., da un lato l’antica pratica delle disquisizioni diplomatiche e dall’altro i giochi di corte. Nell’ambiente dei giocolieri, saltimbanchi e buffoni, si praticavano alcuni giochi verbali come indovinelli, paradossi, i ragionamenti dalle conclusioni assurde. L’insieme combinato di tali pratiche sembra aver generato una corrente di pensiero che ricorda per certi versi un orientamento fondamentale della filosofia greca: sono i problemi di logica e di fisica ad interessare i sofisti cinesi.
Parallelamente, si sviluppano tendenze che possono sembrare antisociali e persino anarchiche, che continueranno ad alimentare, anche nell’era imperiale, una delle correnti più originali e vivaci della intellettualità cinese. La «scuola taoista» rappresenta la principale di queste tendenze. La condanna del lusso, della tecnologia, delle istituzioni, l’indifferenza e il distacco per le cose, tutti consigliano un ideale di sobrietà riferendosi alle piccole ed isolate comunità rurali. Per i taoisti i tempi oscuri in cui gli uomini ignoravano tutte le raffinatezze della civiltà erano l’età dell’oro: ogni progresso tecnico, ogni nuova istituzione rappresentano un passo in più verso l’asservimento dell’uomo e la degradazione delle sue virtù naturali. Lo stato doveva essere leggero e limitato alle dimensioni del villaggio, la virtù dei governanti doveva essere misurata su un’intuitiva saggezza e non su un elaborato possesso di nozioni, il rapporto con la natura poteva essere stabilito in termini di convivenza e non di assoggettamento. Il taoismo ha costituito nella civiltà della Cina il momento libertario dell’evasione dagli obblighi e dalle coazioni, dell’iniziativa individuale, del piacere e della curiosità personale (ha dato un contributo senza pari all’elaborazione della scienza, della tecnologia e della medicina), della fantasia (la pittura e la letteratura cinesi sono dominate dalle concezioni taoiste) e anche della trasgressione dagli obblighi politici o familiari.

1 commento:

  1. Dopo una inevitabile (anche se forse un poco noiosa...) introduzione di carattere storico e sociale, possiamo iniziare a parlare di filosofia!

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