Dao De Jing

Senza uscire dalla porta di casa puoi conoscere il mondo,
senza guardare dalla finestra puoi scorgere il Dao del cielo.
Più si va lontano, meno si conosce.
Per questo il saggio senza viaggiare conosce,
senza vedere nomina, senza agire compie.
Dao De Jing, Lao Zi

sabato 23 aprile 2011

Marco lo ha raccontato ne Il Milione, ma il “grande viaggio” è stato pensato da suo padre Nicolò Polo


Nicolò Polo
Le memorie di Marco Polo, raccolte nel famoso Il Milione, parlavano di civiltà sconosciute dai tesori favolosi, ricche di prodotti ricercatissimi dai mercanti occidentali. Il libro ebbe un’enorme influenza sulla fantasia popolare: fu copiato a mano per due secoli e dal 1477 ha continuato ad essere stampato in molte lingue. Probabilmente Marco Polo è l’europeo più famoso che abbia mai percorso la Via della Seta fino in Cina. Il Milione fu sia ammirato che dileggiato per secoli, ma oggi gli studiosi, dopo aver soppesato tutte le sue imprecisioni, lo definiscono “ la migliore descrizione esistente” del regno di Qublai nel suo massimo splendore.

Ma perché Marco fece quel viaggio? E si può credere a tutto quello che sostenne di aver visto e fatto? In realtà Marco è stato il testimone di una grande impresa ideata però da suo padre Nicolò…

Siamo nel XIII° secolo: molti mercanti veneziani si stabiliscono a Costantinopoli, l’odierna Istanbul, e accumulano ingenti ricchezze. Fra loro ci sono Niccolò e Matteo Polo, padre e zio di Marco: i due hanno un'attività di commercio in pietre preziose e gemme.


Buchara
Nel 1255 essi decidono di vendere le loro proprietà, investono il ricavato in gioielli e lasciata Costantinopoli, i due si dirigono in Soldania (l'odierna Sudak, in Crimea): da lì i Polo si spostano nella città di Bolgara, (l'attuale Bolgary a sud di Kazan', sulla riva del Volga) la capitale del Khanato occidentale dell’impero mongolo. Là gli affari vanno molto bene ed essi raddoppiarono il capitale. Erano tempi molto agitati e una guerra in corso impedisce loro di tornare a casa: decidono allora di dirigersi verso Oriente, e raggiungono la città di Buchara, un importante centro di scambi commerciali dell’attuale Uzbekistan.

La guerra continua e i Polo sono bloccati a Buchara da tre anni: un bel giorno passano di lì dei messi che si recavano da Qublai, Gran Khan di tutti i mongoli, i cui domini si estendevano nell’area che oggi andrebbe dalla Corea alla Polonia. I messi invitano Niccolò e Matteo ad unirsi a loro, dato che, stando al racconto di Marco Polo, il Gran Khan non aveva mai visto dei “latini” (intendendo probabilmente abitanti dell’Europa meridionale) e sarebbe stato felice di parlare con loro. Dopo un anno di viaggio i Polo arrivano alla corte di Qublai Khan, nipote di Gengis Khan, fondatore dell’impero mongolo. Il Gran Khan accoglie i due fratelli Polo con tutti gli onori e fa loro molte domande sull’Europa. Dà loro una piastra d’oro che doveva servire da salvacondotto per il viaggio di ritorno e affida loro una lettera per il Papa in cui lo pregava di mandargli “ cento uomini savi, esperti nella religione cristiana, sapienti nelle sette arti “ per convertire la popolazione.

Ripartono nel 1266 arrivando a Roma nel 1269 come ambasciatori di Kublai Khan, con una lettera da consegnare al papa con la richiesta di mandare chierici istruiti evangelizzare popolazioni mongole pagane. Marco, che era nato a Venezia, ha 15 anni quando vede per la prima volta suo padre. Al rientro in paesi “cristiani”, Niccolò e Matteo apprendono che Papa Clemente IV° era morto.

Essi attendono un successore, ma quell’interregno, il più lungo della storia, dura tre anni. Dopo due anni, nel 1271, ripartono alla volta del Gran Khan, portando con sé Marco che aveva 17 anni.


i Polo da gregorio X°
Ad Acri, in Palestina, un alto prelato e uomo politico, Tebaldo Visconti, dà ai Polo lettere per il Gran Khan che spiegavano perché non era possibile soddisfare la sua richiesta di cento savi. Giunti in Asia Minore, i Polo apprendono che lo stesso Visconti era stato eletto Papa, perciò decidono di tornare da lui ad Acri. Invece di cento savi, il nuovo Papa, Gregorio X°, manda solo due frati autorizzati a ordinare sacerdoti e vescovi, e fornisce loro le dovute credenziali e doni per il Khan. Il gruppo si rimette in viaggio ma, spaventati dalle guerre che devastavano quelle regioni, ben presto i frati tornano indietro, mentre i Polo proseguono.

Viaggiano verso l'interno, attraversando l'Anatolia e l'Armenia. Scendono quindi al Tigri, toccando probabilmente Mossul e Baghdad. Giungono fino al porto di Ormuz, forse con l'intenzione di proseguire il viaggio via mare.

Tuttavia, constatando che le imbarcazioni erano malfatte e tenute insieme con delle funi e quindi non in grado di tenere il mare, prendono la via di terra e attraverso la Persia e il Khorasan, (regione dell’Iran orientale) raggiungono Bactria (oggi Balkh in Afghanistan) e il Badakhshan (provincia dell’ Afghanistan) . Dirigendosi a nord e a est, superano in quaranta giorni le immense zone desertiche, le imponenti catene montuose, gli altipiani verdeggianti del Pamir prima di arrivare nella città di Kashgar, in quella che oggi è la regione autonoma cinese del Xinjiang Uighur. Quindi seguendo antiche carovaniere a sud del bacino del Tarim e del deserto del Gobi, giungono a Chemenfu (oggi Shangdu, nell’attuale distretto di Zhenglan nella Mongolia Interna), la residenza estiva del Khan, dopo un viaggio durato tre anni e mezzo.

Egli ricorda: “si truova una cittade ch’è chiamata Giandu, la quale fece fare lo Gran Cane ch’oggi regna, Coblay Cane. E hae fatto fare in questa città un palagio di marmo e d’altre ricche pietre; le sale e le camere sono tutte dorate; ed èe molto bellissimo maravigliosamente”.


Qublai Khan
Dopo la consegna da parte di Niccolò e Matteo di alcune lettere del papa Gregorio X, il padre di Marco dichiara che il giovane è suo figlio e servitore del Gran Signore. Da questo momento inizia un periodo straordinario nella vita di Marco. Il Gran Khan lo elegge ambasciatore consentendogli di viaggiare in lungo e in largo per gli sterminati territori dell'Impero, sempre ben protetto e attrezzato. Grazie a questa sua nuova veste Marco ha l'occasione di visitare luoghi che ad altri Occidentali erano praticamente inaccessibili, di cui ci ha lasciato descrizioni straordinarie. Marco dimostra di essere valente e intelligente: si appropria con facilità “dei costumi tartari, della lingua e della scrittura di quelle regioni”.Durante questi anni Marco viaggiò attraverso lo Shaanxi, il Sichuan, fino a raggiungere lo Yunnan, nell'alta valle dello Yangzi. Fu sulla costa orientale della Cina, da Pechino al Fujian sino al porto di Zaiton (oggi Quanzhou).

Non bisogna però trascurare l'importanza che ebbe per le nostre conoscenze il viaggio di ritorno. Quasi sicuramente, quando finalmente i Polo ebbero il permesso di partire dalla corte del Khan, nel 1291, vi fu un'ambasceria inviata da Arghun, re di Persia, in base alla quale egli chiedeva a Khublai in sposa una principessa. Khublai accettò e affidò ai tre Polo la giovane Cocacin (Kököqin), destinata ad Arghun. I Polo partirono da Zaiton, sostarono in Vietnam, salparono nel 1292 da Formosa e viaggiarono per il Mare Cinese fino a Sumatra, dove rimasero per cinque mesi. Giunsero a Hormuz l'anno seguente. Per capire le difficoltà cui andarono incontro si pensi che di oltre 600 persone facenti parte l'equipaggio originario ne sopravvissero solo 18. I tre veneziani conclusero la missione lasciando la principessa a Ghazan, successore di Arghun che nel frattempo era morto.


La principessa Cocacin
Dopo in avventuroso viaggio di ritorno, i Polo giunsero a Venezia nel 1295 dopo quattro anni di viaggio e 17 passati in territori lontanissimi, e non solo geograficamente, da quell'Occidente europeo dal quale essi erano partiti. nella Penisola Malese, a Sumatra e nello Sri-Lanka, quindi seguì la costa dell’India fino in Persia. L’ultima tappa del viaggio li portò a Costantinopoli e infine a Venezia. Poiché erano stati via per 24 anni, non è difficile immaginare che i parenti stentassero a riconoscerli; ormai Marco aveva 41 o 42 anni.

Di li a pochi anni, Marco Polo rimase coinvolto in uno scontro con navi mercantili genovesi e fu fatto prigioniero. Durante la prigionia, in carcere, nel 1298, conobbe Rustichello da Pisa, al quale dettò il racconto del suo viaggio, originariamente intitolato Divisament dou monde, la descrizione del mondo.


Marco Polo
Marco viene liberato nel 1299 e fa ritorno a Venezia dove, nello stesso anno, sposa Donata Badoèr dalla quale ha tre figlie, Fantina, Bellella e Moreta. Muore nel 1324, a settant'anni. Fra i suoi beni, oltre a proprietà, stoffe e oggetti orientali, vengono ritrovate le piastre d'oro che il Gran Kan consegnava a quelli che viaggiavano per lui, affinché fosse loro consegnato tutto il necessario per il viaggio attraverso i suoi sconfinati possedimenti











riferimenti bilbiografici

Marco Polo, il Milione, BUR, Milano, 1995
Ercolina Milanesi, Marco Polo, la via della seta lo porta in Cina, http://www.ercolinamilanesi.com/storici/polo.html
http://www.mitopositano.com/storia_cronologia_99.htm
http://www.liceoberchet.it/ricerche/4o_04/marcopoloelaviadellaseta.htm
http://www.trentoincina.it/mostrapost.php?id=285
http://www.sanpietroburgo.it/marco_polo.asp






Nessun commento:

Posta un commento