Dao De Jing

Senza uscire dalla porta di casa puoi conoscere il mondo,
senza guardare dalla finestra puoi scorgere il Dao del cielo.
Più si va lontano, meno si conosce.
Per questo il saggio senza viaggiare conosce,
senza vedere nomina, senza agire compie.
Dao De Jing, Lao Zi

giovedì 26 maggio 2011

Tra tecnologia e mito, la «Lunga Marcia» della Cina verso il «Palazzo Celeste»

Naturalmente anche la Cina vuole competere alla conquista dello spazio: al di là di ogni valutazione politica o tecnica, colpisce la “terminologia” che i vari contendenti, Stati Uniti e Unione Sovietica prima, e la Cina oggi, utilizzano per denominare i loro mezzi di conquista.

Gli americani all’ inizio hanno attinto a piene mani alla mitologia greco-romana: chi non ricorda il progetto «Apollo», i vettori «Saturn», i programmi spaziali «Mercury» e «Gemini» nomi che richiamano la potenza degli dei dell’Olimpo, per poi passare a terminologie più “casalinghe” come «Explorer», «Ranger» e «Surveyor» o «Space Shuttle» e «Columbia», ma che comunque evocano sempre lo spirito di avventura e di conquista americano.

La Russia utilizzò termini un po’ meno fantasiosi e abbastanza formali come «Est» (Восто́к, Vostok ) e poi «Sorgere del Sole» (Восход, Voskhod ) e infine «Unione» (Союз, Soyuz ) per denominare i suoi programmi spaziale, chiamò «Compagno di Viaggio» (Спутник, Sputnik) il primo satellite artificiale in orbita attorno alla Terra, seguito subito dopo dall’ «Explorer» americano; «Pace» ( Мир, Mir ) è il nome della stazione spaziale russa il cui modulo centrale è stato denominato «Stella» (Звезда, Zvezda) mentre lo shuttle russo (che non fu mai operativo) si chiamava «Buran» ( буран nome di un «Vento freddo» che soffia negli Urali)

Ma vediamo come se la sono cavata i nostri amici cinesi…


il vettore "Lunga Marcia"
Il Programma spaziale della Repubblica Popolare Cinese è iniziato nel 1956, in cooperazione con l'allora Unione Sovietica ed è proseguito poi come un programma indipendente con scopi di deterrenza nucleare dopo la crisi sino-sovietica del 1960. L'utilità dal punto di vista militare dell'uso dello spazio fu il motivo centrale per cui la Cina si imbarcò in un proprio programma spaziale. Tra gli obiettivi del programma vi erano lo sviluppo dell'aviazione cinese, la necessità di missili guidati, razzi e sistemi di difesa missilistica. Per questo i primi prodotti del programma non furono dei vettori per satelliti, ma missili balistici, come la serie dei «Vento dell’Est» ( 东风dōng fēng). Di questi solo alcuni divennero poi dei vettori prendendo il nome di «Lunga Marcia» (长征cháng zhēng). Il primo satellite cinese, denominato «L’Oriente è Rosso I°» (東方紅一號一号dōng fāng hóng yī hào), fu lanciato solo 14 anni dopo l'inizio del programma, nel 1970, rendendo la Cina il quinto paese del mondo a raggiungere lo spazio.

Dopo il “divorzio” con l’Unione Sovietica, il formalismo vetero-comunista alla «l’Oriente e Rosso» o «Lunga Marcia» lascia il posto alla poetica tradizionale della vecchia Cina.

É stata davvero lunga la marcia per il «Grande Vuoto»: questo è infatti il significato letterale della parola太空 tài kōng, che significa «spazio»; [da qui il neologismo «Taikonauti» ad indicare gli astronauti cinesi n.d.a.] I primi sforzi per inviare uomini nello spazio nell'ambito del programma spaziale cinese risalgono al 1968. Il Progetto 714 aveva come obiettivo l'invio nello spazio di due astronauti entro il 1973 a bordo di una navetta «Luce dell’Alba» (曙光Shǔ guāng). Il programma fu cancellato ufficialmente nel 1972 per motivi economici, legati probabilmente alle politiche della Rivoluzione Culturale. Un nuovo programma fu avviato nel 1978 e cancellato nel 1980. Nel 1992 fu autorizzato e finanziato il Progetto 921 [non trascurate il numero del progetto, che la dice lunga sulla determinazione del popolo cinese nel conseguire i propri obiettivi… n.d.a], un nuovo tentativo di lanciare un veicolo spaziale con equipaggio. Il programma fu chiamato: «Vascello Divino» (神舟shén zhōu) [qui c’è un abile gioco di parole, tipico della polisemia cinese, perché神州shén zhōu – che ha la stessa pronuncia- è anche un nome letterario con cui viene indicata la Cina e che significa «Terra Divina» n.d.a.].


Yang Liwei
Nell’ambito di questo programma furono effettuati quattro test senza equipaggio. Il primo nel1999, il secondo nel 2001, con a bordo un coniglio, una scimmia e un cane, il terzo e il quarto nel 2002 con equipaggio di manichini. Il successivo tentativo fu il « Vascello Divino -5», coronato da successo, che trasportò in orbita, il 15 ottobre 2003, Yang Liwei, che restò nello spazio per 21 ore. La Cina divenne la terza nazione ad inviare un uomo in orbita. Altre missioni con equipaggio sono tuttora in programma: l’ultima missione in particolare portava in orbita contemporaneamente tre membri di equipaggio ma l'obiettivo più prestigioso è stato raggiunto il secondo giorno con la realizzazione della prima passeggiata spaziale del programma cinese. La Cina è quindi la terza nazione che ha compito una passeggiata spaziale dopo l'Unione Sovietica e gli Stati Uniti.

Tutte le navette della serie « Vascello Divino » erano state progettate con strutture di attracco compatibili con la Stazione Spaziale Internazionale (ISS), e tutte le piattaforme di lancio sono state collocate a latitudini appropriate per dei rendez-vous. A seguito del successo di «Vascello Divino-5» la Cina fece formale richiesta di accedere al programma ISS, ma gli Stati Uniti si opposero fermamente. La Cina ha quindi annunciato di avere intenzione di costruire una propria stazione spaziale, che prenderà il nome di «Palazzo Celeste» (天宫 tiān gōng):

Il nome «Palazzo Celeste» deriva dalla antica astrologia cinese: gli astrologi avevano diviso la sfera celeste in ventotto sezioni assegnando a ciascuna di esse una stella fissa e le avevano denominate « le 28 Case Lunari» attribuendo a ciascuna il nome di una costellazione. Le ventotto Case Lunari erano distribuite in «Quattro Palazzi Celesti» ai quali sono abbinate una direzione ed una stagione (La Tartaruga nera, La Tigre Bianca, la Fenice Rossa e il Drago Azzuro). Ogni palazzo, che prende il nome della costellazione principale, contiene sette Case Lunari, alle quali viene assegnato un nome simbolico, che rappresenta le fasi delle stagioni ed i compiti che avevano gli agricoltori nel lavorare i loro campi. La sintesi con la Scuola dei Cinque Elementi si manifestò nella necessità di integrare un simbolo aggiuntivo ai Quattro già presenti: così, legato al Centro, protetto ai Quattro Animali Celesti sta il Palazzo Centrale , in cui si raccoglie tutta l’energia del Cielo (tian) ed è la sede dell’Imperatore, il Figlio del Cielo , simboleggiato dal Drago Giallo (黃龍 huáng lóng): Al Palazzo Centrale, che ospita l’Orsa Maggiore e la Stella Polare.( vedi anche:"nel cielo cinese ci sono piu animali che stelle")

Ma i programmi della Cina sulla conquista dello spazio sono molto più ambiziosi: dal 2004 la Repubblica Popolare Cinese ha formalmente cominciato un progetto di esplorazione della Luna. La prima fase del programma lunare ha visto il lancio nel 2007 di una sonda denominata «Chang’e, Dea della Luna I°» (嫦娥一号Cháng'é yī hào) .


Infine, l’Amministrazione spaziale cinese ha annunciato un programma di esplorazione dello spazio profondo mirato alla conoscenza di Marte. L'invio di una prima sonda su Marte -denominata «Fuoco di Lucciola I°» (萤火一号yíng huǒ yī hào) - è previsto tra il 2014 ed il 2033, con una successiva fase di esplorazione umana del pianeta tra il 2040 ed il 2060.

La lucciola è un simbolo di bellezza femminile ma anche di tenacia: quest’ultima qualità viene esaltata in una delle infinite storie cinesi che racconta la vicenda di un famoso letterato Jiu Yin, che da giovane era così povero da dover studiare la notte alla luce delle lucciole: ciò nonostante superò con ottimi voti tutti gli esami… sicuramente la tenacia è una delle caratteristiche che contraddistinguono i cinesi…

Il nome della sonda lunare (Chang’è) è lo stesso di un personaggio della mitologia classica:tra i Cinesi, forse il più popolare di tutti i racconti inerenti alla festa di mezz’autunno è quello di Chang’é, la Signora della Luna.: ed ecco la sua storia.

Chang’é e suo marito Hou Yi, il prodigioso arciere, vivevano durante il regno del leggendario imperatore Yao (2000 a.C. circa). Hou Yi era un valente membro della Guardia Imperiale che maneggiava un arco magico e scoccava frecce magiche. Un giorno nel cielo apparvero dieci soli. La gente sulla terra non riusciva più sopportare il caldo e la siccità. L’imperatore decise allora di chiamare Hou Yi ordinandogli di tirare ai soli in soprannumero per eliminarli dal cielo e soccorrere così la popolazione. Facendo uso della sua abilità, Hou Yi ne abbatté nove lasciandone solo uno. La sua fama si diffuse, allora, fino giungere alla Regina Madre d’Occidente (Xi Wang Mu) nei lontani Monti Kunlun. Essa lo convocò al suo palazzo per ricompensarlo con la pillola dell’immortalità, ma avvertendolo così: "Non devi mangiare la pillola immediatamente. Prima devi prepararti per 12 mesi con la preghiera e il digiuno". Essendo un uomo diligente, egli prese a cuore il consiglio e iniziò i preparativi nascondendo, prima di tutto, a casa sua la pillola. Sfortunatamente fu chiamato d’improvviso per una missione urgente. In sua assenza, la moglie Chang’é notò una luce fioca e un dolce odore emanare da un angolo della stanza. Una volta presa la pillola nella mano, non riuscì a trattenersi dall’assaggiarla. Nel momento in cui la ingoiò la legge di gravità perse il suo potere su di lei. Poteva volare!

Non molto tempo dopo sentì suo marito ritornare e terrorizzata volò fuori della finestra. Arco e frecce in mano, Hou Yi la inseguì per mezzo cielo, ma un forte vento lo riportò a casa. Chang’é volò dritta sulla Luna , ma quando arrivò, ansimava così forte per lo sforzo compiuto, che sputò l’involucro della pillola, la quale si tramutò istantaneamente in un coniglio di giada, mentre Chang E divenne un rospo a tre zampe.

Da allora vive sulla luna respingendo le frecce magiche che il marito le tira. Hou Yi si costruì un palazzo sul sole ed essi si vedono l’un l’altro il 15° giorno di ogni mese. Chang’é e Hou Yi, simboli, rispettivamente della luna e del sole, sono divenuti espressione di yin e yang, negativo e positivo, buio e luce, femminile e maschile, ossia della dualità che governa l’universo.

Chiudo questa nota, a proposito della «Fuoco di Lucciola» - la sonda marziana - con una poesia del poeta Du Fu di epoca Tang:

Pensieri notturni

Dal bosco di bambù un fresco soffio
dolcemente penetra nella mia stanza;
i chiari raggi della luce lunare
danzano briosi nel cortile.
Le stelle scintillano qua e là nel buio,
le lucciole segnalano la loro presenza,
si chiamano più in là gli uccelli d'acqua.
Io triste penso nella dolce notte
che nel mondo tutto dipende
dall'atroce guerra più che dalla dolce pace


Riferimenti bibliografici
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giovedì 19 maggio 2011

La Danza di Shiva, il Libro dei Mutamenti e la Meccanica Quantistica.

«In un pomeriggio di fine estate, seduto in riva all’oceano, osservavo il moto delle onde e sentivo il ritmo del mio respiro, quando all’improvviso ebbi la consapevolezza che tutto intorno a me prendeva parte a una gigantesca danza cosmica …”vidi” scendere dallo spazio esterno cascate di energia, nelle quali si creavano e distruggevano particelle con ritmi pulsanti, “vidi” gli atomi degli elementi e quelli del mio corpo partecipare a questa danza cosmica di energia, percepii il suo ritmo e ne “sentii” la musica, e in quel momento “seppi” che questa era la danza di Shiva, il Dio dei Danzatori adorato dagli indù.»


Così si esprime lo scienziato statunitense, Fritjof Capra, un fisico specializzato nel campo delle alte energie, nella prefazione al suo libro Il Tao della fisica. Capra è stato forse il primo a mettere in luce gli svariati punti di contatto tra la concezione taoista del cosmo e i principi fondanti dell’attuale fisica subnucleare, ovvero quell’insieme di teorie scientifiche sviluppatesi in opposizione alla fisica classica newtoniana. I due temi fondamentali di questa concezione moderna della fisica sono l’unità, l’interdipendenza di tutti i fenomeni e la struttura intrinsecamente dinamica dell’universo. Anche l’antica concezione orientale del mondo, cui Capra fa riferimento, era essenzialmente unitaria e dinamica, e i principi di mutamento/movimento ne costituivano il tratto essenziale.

Shiva è anche chiamato Nataraja, il «Signore della Danza», la cui danza cosmica, detta Tandava, è ciò tramite cui l'universo viene manifestato, preservato e infine riassorbito. Essa è simbolo dell'eterno mutamento della natura, dell'universo manifesto, che attraverso una danza scatenata Shiva equilibra con armonia, determinando la nascita, il moto e la morte di un numero infinito di corpi celesti. Nell'ambito dell'iconografia più classica, il dio viene rappresentato con una folta chioma, con quattro braccia (una per ogni punto cardinale), mentre compie un passo di danza. Due delle braccia sono aperte, leggermente piegate, una delle mani sorregge un tamburello, lo strumento musicale con cui ritma la sua danza e l'altra una fiamma che rappresenta il fuoco con il quale genera la distruzione. Shiva danza all'interno di un cerchio di fuoco, raffigurato da tante piccole fiammelle, che rappresentano il rogo del mondo. Schiaccia sotto il suo piede destro la figura mitologica di un nano, il quale rappresenta l'oscuramento cui sono preda gli esseri umani, e che solo il dio è in grado di dissolvere; oscuramento dovuto all'illusione dell'esistenza di una qualche realtà immutabile del mondo, che invece è solo transitoria (maya).

Quando Shiva inizia a danzare, tutta la Terra trema, e la vibrazione si estende a tutto l'Universo che, bruciando, si sgretola sotto il ritmo della danza. L'Universo si dissolve e la sua energia diminuisce sempre di più fino a concentrarsi in un singolo punto, questo punto lentamente si dissolve, lasciando solo un tenue suono, una vibrazione primitiva, di intensità sempre più debole, che alla fine si annulla disperdendosi nel vuoto. E il vuoto rimane tale, fino al momento in cui il dio, riprendendo la sua danza, decide di creare un nuovo Universo, ripercorrendo in senso opposto tutti i passaggi della distruzione: il ritmo della danza fa vibrare il vuoto, da cui scaturisce un suono, che si concentra in un punto denso e di dimensioni infinitesime, il quale continuando a vibrare, aumenta di dimensione fino ad esplodere in un nuovo Universo. A questo punto, Shiva smette di danzare e la creazione è compiuta. (non vi sembra la teoria del big-bang ante litteram?!)

Il messaggio spirituale di tutto l’Induismo è l’idea che la moltitudine di eventi e oggetti che ci circondano sono differenti manifestazioni della stessa realtà ultima, detto Brahman, sorta di “energia” cosmica, impersonale, inconoscibile, dalla quale si forma - per emanazione e non per creazione - tutto l’universo. Confondere le diverse forme in cui questi si presenta, senza percepire un’unità alla loro base, significa ricadere nel cosiddetto «incantesimo di Maya», nell’illusione di pensare le forme e le strutture attorno a noi come realtà della natura, anziché frutti della mente umana, la quale misura e classifica.

La Teoria della Relatività ristretta (Einstein, 1905), oltre a fondere insieme i concetti di spazio e di tempo, ha dimostrato che la materia altro non è che una forma di energia. La meccanica (o fisica) quantistica (Planck, Bohr, Heisenberg, Schrödinger, Dirac e altri, 1900-1928) ha evidenziato inoltre che, a livello subatomico, tale forma di energia è composta da onde vibranti. Partendo da queste premesse, secondo Capra l’universo sarebbe la manifestazione di un “campo” d’intelligenza universale, in grado di dare origine, di far scaturire ogni forma della realtà.

Sulla stessa convinzione si basa il Taoismo, che chiama tale realtà soggiacente alle cose Tao, caratterizzata da un mutamento costante e ciclico, di andata e ritorno tra due polarità opposte, lo Yin e lo Yang. Questa caratteristica dinamica è rappresentata dal simbolo cinese chiamato Tai Ji. I due punti nel diagramma corrispondono all’idea che ogni volta una delle due forze arriva al suo massimo, contiene già in se il seme del suo opposto.

Il ritorno è il movimento del Dao

La debolezza è l’efficacia del Dao

I diecimila esseri sotto il Cielo nascono dal «c’è»

E il «c’è» nasce dal «non-c’è»

(Lao Zi,40)



Le varie scuole e tradizioni del misticismo orientale, sebbene differiscano fra loro su una moltitudine di questioni particolari, sottolineano però tutte l’unità fondamentale dell’universo; l’aspirazione più elevata dei loro seguaci – siano essi indù, buddisti o taoisti – è quella di diventare pienamente consapevoli dell’unità e dell’interconnessione reciproca di tutte le cose (nel taoismo si tratta della conciliazione degli opposti, Yin e Yang), di trascendere la nozione di sé come individuo singolo e d’identificarsi con il principio ultimo della realtà.

Il raggiungimento di questa consapevolezza non è solo un atto intellettuale, razionale, ma un’esperienza che coinvolge l’intera persona e che fondamentalmente è di natura mistica (illuminazione). Nella concezione orientale, quindi, la divisione della natura in corpi o oggetti separati non è considerata fondamentale e ciascuno di tali enti ha un carattere fluido e continuamente mutevole. Poiché il movimento e il mutamento sono proprietà essenziali delle cose, le forze che generano il movimento, l’evoluzione, il cambiamento, sono una proprietà intrinseca e insita nella materia. Capra nel suo testo ci fa osservare che «quanto più profondamente penetriamo nel mondo submicroscopico, tanto più ci rendiamo conto che il fisico moderno, parimenti al mistico orientale, è giunto a considerare il mondo come un insieme di componenti inseparabili, interagenti e in moto continuo, e che l’uomo è parte integrante di questo sistema».

Uno dei concetti più interessanti che accomunano moderna fisica quantistica dei campi e filosofia taoista è quello di «Vuoto»: la distinzione tra le particelle e lo spazio che le circonda si fa sempre più sfumata e il Vuoto è concepito come un “campo”, il cui ruolo “creativo” e “attivo” nella creazione della materia è cruciale.

La teoria dei campi elaborata dalla fisica moderna ci costringe dunque ad abbandonare l’opposizione classica tra particelle di materia e Vuoto, tra Essere e Non-Essere: il Vuoto è ben lungi dall’essere sterile, esso contiene al contrario un numero incommensurabile di particelle che si producono e scompaiono in un processo senza fine. In questo aspetto della fisica moderna risiede dunque la più stretta corrispondenza con il Vuoto del misticismo orientale.

Trenta raggi convergono nel mozzo

Ma è proprio dove non c’è nulla che sta l’utilità della ruota

Si plasma l’argilla per farne un recipiente

Ma è proprio dove non c’è nulla che sta l’utilità del recipiente

Si aprono porte e finestre per fare una stanza

Ma è dove non c’è nulla che sta l’utilità della stanza

Così il «c’è» presenta delle opportunità, che il «non c’è» trasforma in utilità

(Lao Zi,11)

La filosofia cinese, ha sviluppato la nozione di configurazioni dinamiche che si formano e si dissolvono continuamente nel flusso cosmico del Tao. Nel Yi Jing o Libro dei Mutamenti queste configurazioni sono state elaborate in un sistema di simboli archetipici, i trigrammi e gli esagrammi, che rappresentano le configurazioni del Tao generate dall’azione reciproca del Yin e del Yang, e che rispecchiano tutte le situazioni possibili, sia nelle sfera naturale che sociale, passate, presenti e future. Queste situazioni perciò non sono concepite come statiche, ma piuttosto come un flusso e un mutamento continui, passibili di trasformarsi l’una nell’altra in uno stato di continua transizione.

Nella introduzione alla sua traduzione dello Yi Jing, Richard Wilhelm ,presenta questa idea come il concetto fondamentale del Libro dei Mutamenti:

«I Mutamenti sono un libro

dal quale non bisogna stare lontani.

Costantemente muta il Senso suo,

alterazione e moto senza requie,

fluiscono per i sei vuoti posti,

salendo e ricadendo senza dimorare,

i solidi e i teneri si mutano.

Racchiuderli non vale in una norma;

è solo alteramento quello che qui opera.»

Il principio fondamentale che permette di ordinare le configurazioni, nel Yi Jing, è l'azione reciproca degli opposti polari yin e yang. Lo yang è rappresentato da una linea continua , lo yin da una linea tratteggiata , e l’intero sistema degli esagrammi è costituito in maniera naturale a partire da queste due linee. Combinandole in coppia, si possono ottenere quattro configurazioni:

e aggiungendo una linea a ciascuna di esse, si generano otto « trigrammi »

Nell'antica Cina, si riteneva che i trigrammi rappresentassero tutte le possibili situazioni cosmiche e umane. Vennero designati con nomi che ne riflettevano le caratteristiche fondamentali — ad esempio, « Il Creativo », « Il Ricettivo », « L'Eccitante », ecc. — e furono associati a molte immagini prese dalla natura e dalla vita sociale. Essi rappresentavano, per esempio, cielo, terra, fulmine, acqua, ecc., come pure una famiglia formata da padre, madre, tre figli e tre figlie. Inoltre, furono associati ai punti cardinali e alle quattro stagioni dell'anno, ed erano spesso disposti come nella figura. In questa disposizione, gli otto trigrammi sono raggruppati in cerchio nell'« ordine naturale » secondo il quale furono generati, a partire dall'alto (dove i Cinesi pongono sempre il sud). Questa disposizione presenta un alto grado di simmetria, in quanto i trigrammi opposti hanno le linee yin e yang scambiate.

Al fine di aumentare ulteriormente il numero delle possibili combinazioni, gli otto trigrammi vennero uniti a coppie disponendoli uno sull'altro. In questo modo, si ottennero sessantaquattro esagrammi, ognuno formato da sei linee intere o tratteggiate. Gli esagrammi furono disposti secondo diverse figure regolari tra cui una sequenza circolare che presenta la stessa simmetria che si ha nella disposizione circolare dei trigrammi.

Da quando Democrito ha parlato dell’ atomo (dal greco ἄτομος - àtomos -, indivisibile) ne sono successe di cose: alla base dell'ontologia di Democrito c’erano i due concetti di atomo e di vuoto. Democrito per certi aspetti sostituì l'opposizione logica eleatica tra essere e non essere con l'opposizione fisica tra atomo e vuoto: l’atomo costituiva l'essere, il vuoto rimandava in un certo senso al non essere. Ma che cos'era un atomo per Democrito? La realtà degli atomi costituiva per Democrito l'arché, quindi l’essere immutabile ed eterno. Gli atomi erano concepiti come particelle originarie indivisibili: essi cioè erano quantità o grandezze primitive e semplici (= non composte), omogenee e compatte, la cui caratteristica principale è l'indivisibilità.

I grandi fisici del Novecento, prima hanno smontato l’atomo nei suoi componenti, protoni, elettroni, neutroni (l’atomo di Bohr era concepito come un piccolo sistema solare dove, attorno al nucleo, costituito da protoni e neutroni, orbitava un numero variabile di elettroni, a secondo della complessità dell’ atomo stesso) poi la ricerca ha dimostrato che i costituenti dell'atomo, le particelle subatomiche, sono configurazioni dinamiche che non esistono in quanto entità isolate, ma in quanto parti integranti di una inestricabile rete di interazioni. Queste interazioni comportano un flusso incessante di energia che si manifesta come scambio di particelle; un'azione reciproca dinamica in cui le particelle sono create e distrutte in un processo senza fine, in una continua variazione di configurazioni di energia. Le interazioni tra particelle danno origine alle strutture stabili che formano il mondo materiale, il quale a sua volta non rimane statico, ma oscilla in movimenti ritmici. L'intero universo è quindi impegnato in un movimento e in un'attività senza fine, in una incessante danza cosmica di energia.

Il “non-essere” indica l’inizio del Cielo e della Terra

I’ “essere” indica la madre dei diecimila esseri

Così, grazie al costante alternarsi del “non-essere” e dell’ “essere” che si vedranno

dell’uno il prodigio, dell’altro i confini.

Questi due, sebbene abbiano un’origine comune, sono designati con nomi diversi.

Ciò che essi hanno in comune, io lo chiamo il Mistero,

il Mistero Supremo, la porta di tutti i prodigi.

(Lao Zi,1)

Lo stesso può dirsi dei « mutamenti » del mondo delle particelle. Anch'essi rispecchiano le tendenze interne delle particelle che sono espresse, (in una astrusa teoria detta della “matrice S”, su cui per onestà intellettuale non oso avventurarmi …) in termini di probabilità di reazione. I mutamenti nel mondo delle particelle subatomiche danno luogo a strutture e a configurazioni che hanno uno stupefacente aspetto di simmetria.

Come avviene nel mondo delle particelle, le strutture generate dai mutamenti possono essere ordinate in varie figure simmetriche, per esempio la figura ottagonale formata dagli otto trigrammi, nella quale i trigrammi opposti hanno le linee yin e yang scambiate.

Questa figura è persino vagamente simile all'ottetto dei mesoni , nel quale particelle e antiparticelle occupano posizioni opposte. Il punto importante, tuttavia, non è questa somiglianza fortuita, ma il fatto che sia la fisica moderna sia l'antico pensiero cinese considerano il mutamento e la trasformazione l'aspetto principale della natura, e giudicano secondarie le strutture e le simmetrie generate dai mutamenti.

In fisica l’idea di simmetria ha un ruolo basilare nella concezione dello spazio-tempo della teoria delle relatività e nello studio delle particelle elementari. Un sistema si dice dotato di simmetria se si conserva inalterato in seguito a trasformazioni quali ad esempio il ribaltamento speculare, l'inversione temporale, la traslazione spazio-temporale. Sulla base di questo principio è stato possibile immaginare l’esistenza di certe particelle subatomiche: ad esempio nel 1930 Paul Dirac ipotizzò, in base a considerazioni puramente teoriche, che a ogni particella elementare fosse associata una antiparticella con caratteristiche simili, ponendo le basi per la teoria dell'antimateria. L'ipotesi di Dirac trovò le prime conferme sperimentali con la scoperta del positrone, l'antiparticella dell'elettrone, che fu individuata nel 1932 dal fisico americano Carl D. Anderson, e dell'antiprotone, scoperto nel 1955 dai fisici Owen Chamberlain ed Emilio Segré.

A livello atomico le proprietà di un oggetto hanno senso solo nel contesto dell’interrelazione con l’osservatore. Come disse Heisenberg “ciò che osserviamo non è la natura in se stessa ma la natura esposta ai nostri metodi di indagine”. Avviene una trasformazione del ruolo umano, da osservato e ‘partecipatore’.

Il misticismo osa spingersi più a fondo, abbattendo la distinzione tra osservatore e osservato, portando alla fusione del soggetto e dell’oggetto. Percepire tutte le cose come unicità non significa però affermare che esse siano tutte uguali. I mistici orientali riconoscono l’individualità delle cose, convinti però che le opposizioni e i contrasti sono relativi all’interno della unità che tutto comprende. Gli opposti infatti sono concetti astratti che appartengono al pensiero umano, categorie apparenti, in realtà estremi di un tutto. Poiché tutti gli opposti sono interdipendenti, il loro conflitto non può risolversi nella vittoria di un polo sull’altro, ma sarà caratterizzato dall’azione reciproca, un equilibri dinamico, che trova il suo simbolo negli archetipi di yin e yang.

Nella fisica moderna unificazioni di concetti opposti si possono trovare nel subatomico, dove le particella sono sia distribuite sia «indistribuite», dove la materia è continua e discontinua, dove forza e materia sono solo aspetti diversi dello stesso fenomeno. La risoluzione di tali opposti avviene tramite l’innalzamento ad una dimensione superiore, lo spazio-tempo quadridimensionale. Anche la via dei mistici prevede una multidimensionalità, percepita in modo diretto e concreto attraverso uno stato di profonda meditazione. Quando questi provano ad esprimere la loro esperienza attraverso le parole incorrono nelle stesse problematiche dei fisici moderni nel riferire di una realtà a quattro dimensioni.


Niels Bohr
Una caso esemplare dell’unificazione tra concetti opposti è sicuramente la duplice natura della materia come onda e come particella, a seconda delle situazioni. Un’onda è estesa nello spazio, è la propagazione di una perturbazione, mentre la particella sottintende una posizione spaziale precisa e definita. Nella meccanica quantistica si ha un una concezione di onda ancora più astratta, legata alla natura statistica dei fenomeni atomici, che possono essere descritti solo mediante la probabilità. Tali informazioni compongono la funzione di probabilità che a livello matematico viene rappresentata con formule analoghe a quelle per la descrizione di altri tipi di onde. Questa introduzione pone in un contesto totalmente nuovo il problema confrontando due concetti ancora più radicali: l’esistenza e la non-esistenza. La particella ha una tendenza probabilistica ad esistere in diversi luoghi, e quindi si manifesta in uno stato fisico ibrido tra esistenza e non-esistenza. Per permettere una più facile comprensione di questa relazione tra coppie di opposti classici, Niels Bohr introdusse l’idea di complementarietà. Egli considerò le due rappresentazioni come descrizioni complementari della realtà, ciascuna delle quali solo parzialmente corrette e valide per un campo ristretto di applicazione. Durante il suo viaggio in Cina, avvenuto successivamente all’elaborazione della sua teoria, lo scienziato fu colpito profondamente dall’analogia tra la propria intuizione e l’idea cinese di opposti polari. Da allora conservò un profondo interesse per la tradizione mistica, tanto da inserire il Tai Ji all’interno del suo stemma nobiliare, assieme al motto Contraria sunt complementa.

Accanto alla corrispondenza tra la concezione del mondo dei mistici e quello dei fisici moderni appaiono le numerose altre analogie tra queste due categorie. Il metodo per esempio, empirico in entrambi i casi, ovvero basato su osservazioni riconosciute come l’unica fonte di conoscenza. L’oggetto di tali osservazioni è molto diverso: il mistico guarda dentro la propria coscienza e i suoi livelli, giungendo al corpo come manifestazione fisica della mente; il fisico parte dallo studio del mondo materiale e giunge alla consapevolezza dell’unità di tutte le cose e di tutti gli eventi penetrando negli strati più profondi di essa.

Un ultimo punto in comune – e qui concludo, sperando che chi mi sta leggendo sia ancora sveglio - risiede nel fatto che le osservazioni di entrambi sono condotte in ambiti inaccessibili ai sensi comuni, dal mondo subatomico agli stati di coscienza non ordinari. Scienza e misticismo hanno molte cose in comune, ma sarebbe sbagliato ipotizzate una possibile sintesi. Semplicemente rappresentano aspetti complementari della mente umana e della sua facoltà di indagine, completamente differenti ma necessarie entrambe, per comprendere il mondo: i mistici conoscono le radici del Tao, ma non i suoi rami; i fisici al contrario conoscono i rami ma non le radici.


Riferimenti bibliografici:

Fritjof Capra, Il Tao della fisica, Adelphi,Mi, 1990
I Ching il Libro dei Mutamenti, a cura di R.Wilhelm, Adelphi, Mi, 1991
Tao Te Ching il Libro della Via e della Virtù, a cura di J.J.L.Duyvendak, Adelphi, Mi, 1990