Dao De Jing

Senza uscire dalla porta di casa puoi conoscere il mondo,
senza guardare dalla finestra puoi scorgere il Dao del cielo.
Più si va lontano, meno si conosce.
Per questo il saggio senza viaggiare conosce,
senza vedere nomina, senza agire compie.
Dao De Jing, Lao Zi

lunedì 30 gennaio 2012

Tre al mattino

Aggrapparsi alla conoscenza esclusiva di una cosa, ma ignorare che questa è identica a tutte le altre, è detto:

"Tre al mattino". Che cosa vuol dire?

Un allevatore di scimmie distribuiva ghiande alle scimmie dicendo loro:

 "Vi darò tre ghiande al mattino e quattro la sera. Che ne pensate?".

Le scimmie si mostrarono innervosite.

"Ve ne darò QUATTRO al mattino e tre la sera. Che ne dite?".
Le scimmie ne rimasero incantate.

In realtà non c'era nulla di cambiato, ma la prima proposta aveva provocato la collera e la seconda la gioia.
L'allevatore aveva saputo adattarsi alla natura delle scimmie.

Così il Santo dosa affermazione e negazione affidandosi al corso del cielo.

Ciò si chiama validità ambivalente.

Zhuang Zi

venerdì 13 gennaio 2012

Scappa,Coniglio!... Arriva il Drago!

La Festa di Primavera ( 春节 Chūnjié) o capodanno lunare in Occidente generalmente noto come capodanno cinese, è una delle più importanti e maggiormente sentite festività tradizionali cinesi.
A differenza del nostro calendario, basato essenzialmente sul Sole, quello tradizionale cinese è di tipo luni-solare fondato anche sui cicli lunari. Un anno cinese, infatti, inizia sempre con la prima fase della Luna, la Luna Nuova. Poiché essa, in un anno, compare dodici o tredici volte, il Capodanno cinese non ha una data fissa, ma cade tra il 21 gennaio e il 19 febbraio del calendario gregoriano. Quest’anno, il Capodanno cinese capita il 23 di Gennaio.

(vedi anche [post del 2011]: Il nuovo anno cinese inizia il 3 Febbraio... sapete perché?)

In ossequio con i dettami dell'astrologia cinese, ogni anno è contrassegnato da un "segno" animale, costituito da un ciclo di 12 elementi; il capodanno cinese determina il passaggio da uno all'altro di questi elementi: dopo l’anno del Coniglio, il 2012 sarà l’Anno del Drago.

(vedi anche: [post del 2011] I nati di quest'anno saranno del segno del Coniglio: voi di che animale siete?)

In Occidente il drago è sempre stato una figura negativa che rappresenta normalmente l’allegoria di ogni avversario del cristianesimo: l’anticristo, Satana, il moro, l’infedele, etc. L’Europa inoltre gode di una vantata tradizione di lotta contro il drago, a partire dall’arcangelo Michele che, nella iconografia religiosa è rappresentato mentre affronta il drago a sette teste dell’Apocalisse. San Giorgio invece viene rappresentato mentre si lancia a cavallo su un drago, liberando una donna (tipicamente una bella principessa, possibilmente vergine) che il drago aveva fatto prigioniera. E la lista dei cosiddetti «santi sauroctoni» è lunga: San Bernardo di Comminga, San Beato di Thun, San Marcello di Parigi, ecc. senza contare i santi che catturano i dragoni, come Santa Margherita e Santa Marta.

Completamente opposta è la visione orientale: per i cinesi, Il drago è uno dei simboli più complessi, che raccoglie elementi mitologici e cosmogonici: contrariamente all’idea occidentale, in Cina il Drago è una creatura benigna, simbolo della forza e della fertilità maschile (Yang). Come animale magico, il drago può ridursi alle dimensioni di un baco da seta, per poi crescere fino riempire lo spazio tra il cielo e la terra e può decidere di essere visibile o invisibile. I draghi possono avere qualunque forma: nella iconografia tradizionale, tuttavia, il Drago ha un corpo serpentino con zampe munite di artigli, è ricoperto di scaglie e spesso ha corna simili a quelle del cervo.
Certamente il drago, all'alba mitologica dei sovrani fondatori, gioca un ruolo ambiguo nella leggenda di Fu Yu. Questi è stato ad un tempo vincitore della Bestia Divina della Palude del Tuono, proprio come i nostri occidentali sauroctoni, ha fatto con la pelle della Bestia un Tamburo, è ancora signore delle acque, regola e disciplina i corsi dei fiumi e fonda la prima dinastia ( Xia) che ha per emblema araldico il drago. Ma questa ambiguità è presto eliminata al momento della salita al trono del famoso «Imperatore Giallo» Huang Di , (il giallo è il colore della terra, quinto elemento, posto al centro degli altri quattro) come “Figlio del cielo”: il suo potere poggia su un drago signore delle acque celesti, cioè ad un tempo delle nuvole, della pioggia e del tuono.

A partire dalla dinastia Han (206 a.C – 220 d.C.) diventa definitivamente il simbolo dell’Imperatore, il Figlio del Cielo.


(vedi anche: Qin Shi Huangdi, primo imperatore della Cina: quello sì ha fatto le grandi opere!)

Solo il Drago Giallo possiede cinque artigli: nell’ambito del cerimoniale delle classi alte, il numero degli artigli che aveva il drago raffigurava il rango della persona che lo indossava. Così il drago raffigurato sull’abito dell’imperatore aveva cinque artigli, quello di un principe quattro, quello dei dignitari tre o meno. Il drago, con il suo potere benefico, significa la federazione delle nazioni dell’ impero con l’imperatore stesso e proteggerà la istituzione fino al 1912, data del crollo dell’ultimo imperatore.

(vedi anche: Così è se vi pare: la strana storia di un imperatore che diventò un comune cittadino)

Il drago multiforme trasmette dunque “il Mandato del Cielo”, è per così dire la chiaroveggenza dell'Imperatore e la Saggezza del Saggio: Confucio chiama Lao Zi «Drago», proprio come il mitico imperatore Fu Xi chiamava «draghi» i suoi alti dignitari. I mobili, i vestiti, il trono del Figlio del Cielo sono ornati di draghi. Quindi il fantastico animale è tra i più benefici.

Il Drago è inoltre uno dei quattro animali simbolici dei punti cardinali (Tigre Bianca, Tartaruga Nera, Fenice Scarlatta e Drago Verde) Il Drago è associato all’Est, il punto in cui sorge il Sole.

(vedi anche: Nel cielo cinese ci sono più animali che stelle)

In questa connotazione naturale, il Drago trascorre l’inverno sotto terra ed il secondo giorno del secondo mese esce dalla terra e vola in cielo causando il primo tuono e la prima pioggia primaverili.

Il primo esagramma dello Yi Jing, il «Creativo», disegnato con sei tratti interi, è la manifestazione del Cielo, di tutto ciò che è visibile ed esprime le caratteristiche «pure» dello Yang che è raffigurato nel testo come un drago o meglio come una schiera di draghi che rappresentano ognuno una delle fasi, sei come le sei linee che compongono l'esagramma, in cui si sviluppa la forza dello Yang.

Le linee dell’esagramma rappresentano, tra l’altro, il ciclo delle stagioni:

Nove all’inizio significa: drago nascosto. Non agire.

Questo è il primo tratto, lo stadio di preparazione, in cui il Drago si nasconde nel ventre della Terra per accumulare la sua forza ed esprimerla in seguito. Come dire che la potenza di un individuo, sia esso maschio o femmina, non si manifesta nella sua esteriorità ma trae la sua forza nella capacità di riconoscere le proprie radici profonde. In inverno (yin culminante), il Drago è immobile nel fondo dei fiumi per riempirsi di acqua;

Nove al secondo posto significa: Drago che compare nel campo.

Nel secondo tratto la preparazione è terminata, il Drago si manifesta. La potenza comincia a svilupparsi ed esprimersi all’esterno. In Primavera (yang nascente), si sveglia in mezzo ai tuoni e ai lampi dei temporali per lanciarsi verso il cielo. L’Est corrisponde il “Palazzo di Primavera” o “Palazzo Orientale” nel quale appare, poco a poco, la costellazione del Drago, in un primo momento le corna(Kio) poi il cuore (Xin) [Antares] e in fine la coda (Wei).

Il Drago Verde (Qing Long) rappresenta dunque il rinnovo della natura dopo l’inverno quando le creature escono al sole, vegetali e insetti, e spuntano i loro steli o le loro corna (Kio), significa dunque corna ma anche spingere, crescere e per estensione rinnovo, rinascita, resurrezione, dunque il vegetale e la forza creativa del Legno.

Nove al quinto posto significa: Drago volante nel cielo.

in Estate, (yang culminante) lo vediamo volare nelle altezze del cielo da dove sparge, sotto forma di pioggia feconda, l’acqua accumulata nel profondo dei fiumi perché sulla terra si possano riattivare le forze creative; L’energia vitale chiusa nella profondità della terra esce allora verso la luce, si eleva ed avanza. E’ il “Volo del Drago”.

Nove sopra significa: Drago altezzoso avrà da pentirsi.

«Chi troppo in alto sale, cade sovente...» Quando su vuole salire troppo in alto, si perde energia: ecco che in autunno (yin nascente), il Drago ridiscende verso i fiumi allo scopo di restaurare le sue forze e rifocillarsi nuovamente di quell’acqua, simbolo di saggezza, con cui potrà ricominciare un nuovo ciclo.

I Drago ( 龙Lóng) è il segno favorito in assoluto dell'oroscopo cinese, è Il segno più fortunato, legato a fama, gloria, ricchezza, potere. Il Drago è onnipotente. È vistoso, attraente e pieno di forza e vitalità. In Cina, il Drago è l'unica creatura mitologica dello Zodiaco cinese, è il segno dell'Imperatore cinese o l'elemento maschile Yang. In Cina, i draghi sono associati alla forza, alla salute, all'armonia e alla fortuna; vengono posti al di sopra delle porte o sui tetti per bandire i demoni e gli spiriti maligni.

Nascere nel segno del Drago significa avere un carattere decisamente anticonformista e molto coraggioso, spesso audace, che sa conquistare e ammaliare le persone. L'intelligenza è sicuramente al di sopra della media: spiriti innovatori, cercano sempre nuovi orizzonti. Dotati di un notevole intuito, è quasi impossibile raggirarli. Spesso appaiono distratti e distaccati, ma è solo perché la loro fervida mente non può stare senza pensare. Poiché sono convinti di essere i migliori, non tollerano alcun genere di concorrenza: È improbabile che passino inosservati ad una festa o ottengano il secondo posto in una competizione. Non si fermano di fronte ad alcun ostacolo per ottenere ciò che desiderano. Tendono ad assumere atteggiamenti da veri tiranni pretendendo l’incondizionata obbedienza di coloro che sono vicini. Naturalmente ciò procura ai Draghi un bel numero di nemici, compensati tuttavia da coloro che, stando dalla loro parte, sono disposti seguirli a discapito di qualunque sacrificio. Pur amando essere al centro dell'attenzione, queste persone hanno anche un aspetto coraggioso e caritatevole. Se un amico di un Drago si trova di fronte ad un problema, egli offrirà aiuto. Tendono ad innamorarsi molto facilmente, anche se fuggono inorriditi davanti alla vista di due fedi nuziali. Non sanno essere fedeli a lungo, spinti come si sono verso tutto ciò che è nuovo. Per tenerli legati, il partner deve inventare costantemente situazioni molto particolari, che attirino la loro curiosità vivissima. Attenzione a suscitare la loro gelosia, le reazioni saranno tremende.

I Draghi hanno ottimi rapporti con i Topi, le Scimmie; buoni con i Serpenti, difficili con i Cani.

Ammirati e rispettati, i Draghi sono leader naturali, forse i più portati a coprire cariche importanti e rilevanti all’interno dello zodiaco. Impieghi ideali per i Draghi sono: re, ufficiale militare, politico, musicista, poeta, artista, ingegnere biologico e ambientale, operatore di borsa, atleta, direttore di compagnia, esploratore e avvocato.

Il Drago compare ogni dodici anni: ecco una tabella con gli anni del Drago a partire dal 1900, dove i “vecchi” Draghi potranno riconoscersi!



 Ma i Draghi non sono tutti uguali: ad ogni apparizione viene associato uno dei «Cinque Agenti» che, con le sue influenze, determina alcune sfumature del carattere, accentua o riduce determinate tendenze: solo ogni sessanta anni si può trovare lo stesso tipo di Drago!

  
Drago d’Acqua

  
1952 e 1012 sono gli anni che vedono la nascita dei Draghi d’Acqua. Per i nati sotto questo segno la parola chiave della vita sembra essere il lavoro: determinati e concreti, si applicano con costanza e alacremente per ottenere esattamente l’obiettivo prefisso. Non vivono di rendita sulla loro fortuna, i nati sotto questo segno desiderano meritarsi tutto ciò che hanno. Simpatici, equilibrati,creativi e intelligenti i Draghi d’Acqua sono vincenti nati, e riescono sia nel campo del lavoro che in quello sentimentale, dove riescono a stabilire solide basi per solidi rapporti. Comunicativo, eloquente ma sempre discreto, sa logorare le resistenze e gli ostacoli senza darlo a vedere, con diplomazia ed invidiabile costanza. Realizza così i propri obiettivi in maniera indiretta e silenziosa. Fluido, flessibile, conciliante, timoroso, si trova bene con i tipi Legno o Metallo, mentre non è adatto al Fuoco che spegne e deprime, né alla Terra dal quale si sente arginato e limitato.

  
Drago di Legno

  
I Draghi di Legno sono i nati nel 1904 e nel 1964. I Draghi di Legno sono gli amici che tutti vorrebbero avere, solidi, leali, tolleranti. Le virtù di questo segno lo rendono un vero e proprio esempio da seguire in campo umano, tuttavia allo spessore umano si contrappone una sorta di inadeguatezza in campo lavorativo, nel quale non riesce a competere. Tuttavia il settore in cui riescono meglio è quello sentimentale, nel quale coltivano un focolare sereno e solido, passionale e ricco di varietà e sentimenti profondi. Adattabile, elastico, facile a piegarsi e a prestarsi a mille utilizzazioni, caratterizza gli individui semplici ed espansivi, generosi e schietti. Il tipo Legno, innovatore e fantasioso, è solitamente creativo, vivace e vitale, ma un poco dispersivo. Ha fiducia negli altri, è un poco ingenuo, ama la natura, gli animali, i bambini, la famiglia. E’ trascurato nel vestire, esagera col cibo e si lascia trascinare dalla sensualità e dal piacere. Rende al meglio in una professione di carattere intellettuale, ma può rivelarsi anche un ottimo artigiano. Sceglie collaboratori di tipo Acqua, dai quali riceve incoraggiamento ed aiuto, e di tipo Fuoco, che favorisce fornendo loro idee preziose. Domina ma al contempo sostiene i tipi Terra, ma è fatto a fettine dai tipi metallo che lo manipolano e distruggono senza pietà.

  
Drago di Fuoco

  
1916 e 1976 sono gli anni che hanno dato la nascita di Draghi di Fuoco, energia allo stato puro. Questi sono persone nate con un senso dell’ironia ed una carica carismatica senza confronti, leader naturali si muovono con disinvoltura in ogni campo della vita, coinvolgendo e talvolta travolgendo le persone che li circondano. Eterni romantici i Draghi di Fuoco vivono una vita sentimentale ricca di forti emozioni e di profondi sentimenti, e risultano talmente perfetti in ciò che fanno che spesso vengono presi ad esempio e riconosciuti come modelli da seguir. Battagliero, orgoglioso, suscettibile, coraggioso, il tipo fuoco passa dalla aggressività alla gioia sfrenata, parla molto, canta, ride. Ha la personalità tipica del leader, sicura, decisa, determinata. Utilizza bene le energie del tipo Legno, che mettono al suo servizio la loro genialità ed infonde ai tipi Terra la spinta necessaria ad andare avanti. Gli individuo di tipo Acqua tendono invece a spegnere i suoi entusiasmi, mentre i tipi Metallo lo mettono alla prova con una durezza che consuma le sue energie.

  
Drago di Terra

  
I Draghi di Terra nascono nel 1928 e nel 1988. I Draghi di Terra sono i migliori amici che si possono incontrare, simpatici, leali, generosi, tenaci, sono ottimi colleghi di lavoro, collaborativi e intraprendenti. Il tipo Terra è paziente, lavora con costanza e con metodo, è conservatore, ostinato, di scarsa fantasia ed iniziativa. Tuttavia danno il meglio in tutto ciò che fanno e sono molto apprezzati da tutti quelli che li conoscono. In campo finanziario riescono bene e amano spendere, e in amore fanno faville, amano con sentimento e passione. Il tipo Terra si accorda bene col Metallo, al quale infonde stabilità e con l’Acqua che riesce ad arginare e a dirigere abilmente. Qualche problema col tipo Legno che, se da un lato lo sostiene, dall’altro lo soffoca e con il tipo Fuoco che lo stimola ma lo stanca parecchio.



 Drago di Metallo

  
Sono Draghi di metallo i nati nel 1940 e nel 2000. Forti, risoluti, determinati e sicuri, come re Mida i nati sotto questo segno, sembrano trasformare in oro tutto ciò che toccano. Abili amministratori vivono una bella vita, ricca di soddisfazioni in tutti i settori sia lavorativo, che affettivo che famigliare. Carismatici e ambiziosi si occupano di ogni singolo dettaglio della propria vita, amano intensamente e con passione, e vengono ricambiati con dedizione, fedeltà e rispetto. Utilizza e sottomette gli individui di tipo Legno, mentre le persone di tipo Acqua ricevono da lui una spinta positiva. Gli unici in grado di piegarlo sono i tipi Fuoco, che ne vincono la freddezza e la durezza con il loro entusiasmo.

  
L'astrologo computa gli oroscopi in base ad uno schema che mette in relazione ogni anno (a partire dal suo inizio variabile), con uno dei dodici animali simbolici. Essi vengono chiamati «Reggitori» dell'anno. Per avere un oroscopo completo, è inoltre necessario conoscere l'ora di nascita, che determina un secondo animale complementare a quello reggitore dell'anno. Esso si chiama «Compagno di viaggio», arricchisce ed influenza il segno annuale, ed ha alcune analogie con l'ascendente dell'astrologia occidentale.

Potete determinare il vostro compagno di viaggio in base alla seguente Tabella:

  

  
Il Drago ed i suoi compagni di viaggio



Drago - Topo: Questo personaggio possiede un magnetismo in grado di garantirgli posizioni di primissimo piano in seno alla società. Possiede una dialettica infallibile che coinvolge emotivamente le platee.

Drago - Bufalo: Introverso, saggio e dotato di un fiuto quasi infallibile, difficilmente intraprende un'attività se non è sicuro del successo. La sua è una presenza indispensabile nel momento del bisogno.

Drago - Tigre: Questo Drago è indiscutibilmente adorabile, splendente di gioia di vivere e di trascinante verve. Facilmente si fa perdonare le numerose scappatelle verso cui è attratto a causa della propria curiosità.

Drago – Coniglio: È indiscutibilmente più sensibile degli altri nativi del segno e desidera costante ammirazione. La solitudine può trascinarlo in un mare di sconsolato pessimismo. Per fortuna non è mai solo.

Drago – Drago: Non si concede mai pause di riposo, perché avverte imperativo il bisogno di organizzarsi il presente per aver un futuro sicuro. È infedele, ma difficilmente abbandona la famiglia cui è attaccatissimo.

Drago – Serpente: Fascino e mistero abbondano in questa personalità dalle mille sfumature. Ha tante frecce al proprio arco, che difficilmente conosce l'amaro sapore della sconfitta o della delusione.

Drago – Cavallo: Se questo nativo riesce ad imparare l'arte della diplomazia può aspirare ad un'ottima posizione tanto nella vita lavorativa quanto in quella sociale. Troppo indipendente, può far soffrire chi gli vuole bene.

Drago – Capra: La pigrizia, nota dolente del compagno di viaggio, spinge questo Drago verso la comoda poltrona, invece che verso la "stanza dei bottoni", cui potrebbe aspirare per le proprie doti.

Drago – Scimmia: L'intelligenza fuori dal comune e l'intuito quasi infallibile, consentono a questo nativo di ottenere ciò che desidera, senza eccessivi sforzi. Causa la propria infedeltà difficilmente ha una serena vita affettiva.

Drago – Gallo: Questo spigliato e piacevole personaggio esprime al meglio le proprie doti quando si trova in mezzo alla gente. Adatto pertanto a tutte quelle professioni che richiedono buone capacità di comunicazione.

Drago – Cane: Finalmente un Drago fedele, almeno quando è innamorato davvero. Per un amico e tanto più per il partner è capace di affrontare qualunque sacrificio, pur di garantire loro un'esistenza comoda e sicura.

Drago - Cinghiale: Testardaggine e tenacia sono le caratteristiche fondamentali di questo Drago capace di scavalcare tutto e tutti pur di raggiungere quanto si è prefisso. Inutile tentare di fargli cambiare idea.


E visto che questo è il segno favorito dall’oroscopo, in Cina, a Taiwan, a Hong Kong e Singapore sono da mesi iniziati i preparativi (e soprattutto i tentativi) con l'obiettivo di concepire un figlio in modo che nasca dal 23 gennaio 2012 al 9 febbraio 2013, non un giorno prima e non un giorno dopo. C’è ancora tempo: il termine per concepire nel periodo giusto scade l’8 maggio 2012! (salvo bambini pigri che superano i nove mesi di gravidanza...ma la pigrizia non è una caratteristica dei Draghi!)

L'ultimo anno in cui è caduto l'anno del Drago, nel 2000, la natalità in Cina aumentò del 5% nonostante il controllo sulle nascite imposto dal governo che tuttavia ultimamente sta allentando la presa e ha concesso agli sposi, se figli unici, di avere ben due figli. Per quest'anno si prevede dunque una sorta di baby boom, e c'è già chi si sfrega le mani per sfruttare le opportunità di business: le cliniche della fertilità di i Cina e dintorni hanno già aumentato l'attività del 30% e quelle di Taiwan del 40%. Per non parlare dei produttori di pannolini e articoli per neonati, che prevedono un pari aumento di fatturato per il magico anno del Drago, in barba alla crisi economica.

  
E chissà se anche qui in Occidente qualcuno non ceda al fascino dell'oroscopo cinese e decida di approfittare dell'occasione di avere un figlio proprio nell'anno del Drago, nella speranza che fama e fortuna gli sorridano!

  
Fonti:


Giuliana Giani, Segno astrologici e zodiaco cinese, Ed. Albero,Mi,1989
Derek Walters, Il libro completo della astrologia cinese, Ed. Gremese,Roma,1988
Wolfram Eberhard, Dizionario dei simboli cinesi, Ed. Ubaldini,Roma,1999
R.Wilhelm, I Ching, il Libro dei mutamenti, Ed. Adelphi,Mi, 1991
http://www.atopon.it/index.php?page=il-drago-in-asia-e-in-europa

mercoledì 4 gennaio 2012

Sándor Csoma de Körös, un grande sogno... distrutto da una zanzara.

Come ricordava suo cugino Joseph, Sándor aveva un animo inquieto «come una rondine, che quando arriva l’autunno, è spinta a migrare» ed aggiungeva «da ragazzi, non potevamo competere con lui nelle camminate, perché quando gli capitava di raggiungere la vetta di una collina, non era soddisfatto e voleva vedere cosa c’era oltre quella successiva e poi oltre quella ancora e spesso girovagava per vasti territori.»

Körösi Csoma Sándor, era nato in Ungheria il 4 Aprile 1784 in una famiglia appartenente ai cosidetti Szeklers, una casta semi-militare dei Magiari Ungheresi che si consideravano discendenti degli Unni di Attila e che per secoli avevano custodito le frontiere meridionali della Transilvania contro i Turchi non cristiani. Sándor era destinato a farsi carico della gestione del patrimonio familiare, ma fino da ragazzo cominciò a manifestare desiderio di viaggiare. Tuttavia, Sándor non era uno sconsiderato: nella sua famiglia c’era una tradizione di studio ed apprendimento - uno dei suoi zii era un distinto professore e suo cugino un pastore protestante – e Sándor sentì prima di tutto la necessità di dotarsi di una opportuna educazione. Studente coscienzioso e determinato, a 15 anni entrò al Bethlanianum, una famosa scuola protestante del tempo nella città di Nagyanyes, e dal 1807 partecipò ad un corso avanzato di tutoraggio in quella scuola. Folgorato dalle letture del professor Adam Herepei sulla storia ungherese e da un crescente senso di coscienza nazionale, Sándor ed altri due studenti fecero voto di scoprire, prima o poi, le origini del popolo ungherese che si credeva essere da qualche parte nelle lontane regioni dell’Asia orientale. Gli altri due dimenticarono presto il loro patto: Sándor resterà fedele a questo impegno per il resto della sua vita. «Si preparò deliberatamente per questa impresa – scriverà un suo biografo – con un impegno sistematico negli studi portato avanti per anni».

Ma Sándor aveva anche un’altra passione: le lingue. Già fluente in latino, greco, ebraico, tedesco, francese, rumeno e turco, vinse una borsa di studio alla università di Göttingen in Germania dove, oltre ad iniziare lo studio dell’ inglese, fu affascinato dall’antropologo J.D.Blumenbach e dal teologo e orientalista J.C.Eichhorn. Una considerazione di Eichhorn su «certi manoscritti arabi che debbono contenere informazioni molto importanti sulla storia medievale e sulle origini del popolo ungherese quando ancora era in Asia» stimolò Sándor ad iniziare anche lo studio dell’arabo. Immerso nella famosa biblioteca della università, trovò un testo del VII secolo dello storico greco Teofilatto Simocatta che sosteneva che nel 597 i turchi avevano sconfitto un popolo chiamato Ugars. Alcuni scrittori avevano fatto l’ipotesi che la somiglianza tra le parole Ugor, Ungri, Hungar, Hongrois, etc. indicasse la possibilità che queste tribù dimenticate potessero essere gli antenati degli odierni ungheresi. Altri storici avevano fatto provocatori riferimenti agli Unni e a popolazioni dell’Asia centrale noti come Ouars, Oigurs o Yugrasa, cioè gli odierni Uiguri, la minoranza etnica stanziata nella provincia più occidentale della Cina, lo Xinjiang. La ipotesi che gli Unni fossero chiamati anticamente Oigur indusse però Sándor a credere che gli antenati del popolo ungherese provenissero da qualche regione dell’Asia centrale e probabilmente fossero da identificare con gli Uiguri.

Fu così che, completato il suo apprendistato scolastico, si ritenne pronto per iniziare le sue ricerche. All’inizio di Febbraio del 1819 era tornato in Ungheria dove aveva confidato il suo piano al suo vecchio mentore, il professor Hegedüs. Avrebbe intrapreso il suo fantastico viaggio tutto da solo. «Se volessi partire per Londra, potrei farlo con sicurezza con un bastone da passeggio in mano e nessuno mi darebbe fastidio – lo aveva ammonito il suo professore – ma viaggiare nell’Asia centrale è un problema duro da risolvere per un singolo individuo».

Sordo agli avvertimenti di Hegedüs, Sándor andò a salutarlo il 20 Febbraio. «Il lungo tempo trascorso – ricordava in seguito il professore – non ha cancellato dalla mia memoria l’espressione di gioiosa serenità che emanava dai suoi occhi; sembrava come un raggio di luce che pervadeva la sua anima, vedendo che volgeva i suoi passi verso un obiettivo tanto a lungo desiderato». Al conte Teleky capitò di incontrarlo per strada subito dopo la sua partenza, vestito di un abito leggero di cotone giallo, con un bastone in mano ed un piccolo bagaglio; «Dove state andando, signor Körösi?» «Vado in Asia in cerca dei miei parenti» rispose Sándor . Ma il viaggio che stava per intraprendere lo avrebbe portato dove lui non avrebbe mai immaginato...

All’ inizio, la via verso l’Oriente fu molto tortuosa e non priva di difficoltà: dopo nove mesi trascorsi a studiare le lingue slave in Croazia, - ne avrebbe avuto bisogno, sosteneva, per consultare autori slavi sulla storia antica degli ungheresi - si diresse a Bucharest, dove pensava di perfezionare il suo turco e poi si trasferì a Costantinopoli. Di lì pensava di andare a Mosca, ma una epidemia di peste nel territorio di Odessa lo costrinse a cambiare i suoi programmi. Con l’obiettivo di migliorare le sue conoscenze della lingua araba, prese una nave per Alessandria d’Egitto, ma ancora una volta a fermarlo fu una epidemia di peste. La sua nave girovagò alcune settimane lungo il Mediterraneo alla ricerca di un porto non infestato dalla peste e finalmente sbarcò a Latakai in Siria: di là proseguì a piedi fino a Mosul, passando per Aleppo, dove acquistò abiti locali, e poi giù fino a Baghdad su una zattera lungo il fiume Tigri. Là si unì ad una carovana che andava a Theran, dove fece amicizia con il console inglese, il maggiore Henry Willock. Nella capitale persiana trascorse quattro mesi studiando la lingua locale.



Il 1°Marzo 1821 Sándor ripartì alla volta delle misteriose città della antica Via della Seta, che erano state raramente visitate da viaggiatori europei da quando la«pax mongolica» - che aveva garantito una certa sicurezza - era finita. Nel novembre di quell’anno raggiunse Bukhara, dove i russi catturati ai confini meridionali dell’ impero russo venivano ancora venduti come schiavi nella piazza del mercato. Dopo pochi giorni, passò per Balkh, la città ai tempi rasa al suolo dalle truppe di Gengis Khan e poi per Bamiyan, in Afghanistan, dove scoprì due immense statue di Buddha, alte più di 50 metri, scolpite sulla viva roccia di un dirupo (si, proprio quelle recentemente distrutte dai talebani... e sembra che Sándor sia stato proprio il primo europeo a vederle, checché ne dicesse l’esploratore inglese William Moorcroft che sosteneva di averle scoperte nel 1824, cioè ben due anni dopo il passaggio di Sándor ). Il 6 Gennaio 1822, Sándor arriva a Kabul: quello che appare strano è che nei suoi scritti non si preoccupa mai di chiarirci come lui, un europeo cristiano che viaggiava da solo, fosse riuscito ad attraversare indenne queste terre pericolose. Avrebbe potuto fare la sua fortuna e diventare famoso come esploratore e narratore di viaggi: tuttavia non si è preso la briga di prendere nota di questa parte dei suoi viaggi. Ma al nostro eroe interessava soltanto di raggiungere il bacino del Tarim, terra degli Uiguri, e casa putativa del popolo ungherese. Sándor lasciò Kabul tredici giorni dopo e verso la metà di Marzo giunse a Lahore, nell’odierno Pakistan.




Karakorum
Viaggiando attraverso Amristar e Srinagar, in Giugno diventò uno dei cinque o sei europei che avessero mai raggiunto Leh, la principale città del Ladakh. Rimaneva un ultima grande prova: raggiungere il bacino del Tarim, dove lui pensava di trovare tracce dei suoi antenati. La strada per Yarkhand (oggi Shache) che si trova al confine meridionale del bacino del Tarim fu, a suo dire, «molto difficoltosa, costosa e pericolosa per un cristiano». E questo era certamente un eufemismo, perché nessun europeo aveva mai tentato quel cammino che comportava l’attraversamento di ben cinque passi molto difficoltosi su sentieri pericolosi e traditori, incluso il massiccio del Karakorum con un passo ad oltre 4500 m di altezza e la catena dei monti Kun Lun.


Sándor non riuscì nell’impresa di arrivare nei luoghi tanto agognati: le difficoltà, i pericoli di quel viaggio estremo furono tali da indurlo ad abbandonare l’impresa ed a ritornare verso Srinagar.

Dopo questa disavventura, ci vollero altri vent’anni perché Sándor riprendesse le sue ricerche sulla origine del popolo ungherese. Vediamo perché...

Poco prima arrivare a Srinagar, nella città di Dras, Sándor incontrò colui che avrebbe completamente cambiato la sua vita: veterinario, sovrintendente della Compagnia delle Indie Orientali, un certo William Moorcroft (si, proprio quello che sosteneva di avere scoperto i Buddha di Bamiyan...) stava passando da quelle parti, apparentemente alla ricerca di depositi di foraggio per le stalle della Compagnia, ma in realtà raccogliendo informazioni di tipo commerciale e militare di interesse per i suoi datori di lavoro britannici. Moorcroft stava andando a Leh e Sándor, che non aveva nessun particolare obiettivo in quel momento, decise di cambiare nuovamente direzione e di accompagnare il veterinario-avventuriero.

Leh

Arrivati a Leh, Moorcroft venne in possesso di una lettera che un presunto agente russo ed incallito intrigante, tale Agha Mehdi, aveva portato a Ranjit Singh, il sovrano sikh del Punjab e del Kashmir. Il corriere che portava la missiva era morto sui monti del Karakorum «di improvvisa e violenta malattia» come ebbe a sostenere Moorcroft, e la lettera era «provvidenzialmente» caduta nelle sue mani. Scritta in russo e firmata dal conte Nesselrode di San Pietroburgo, la lettera aveva comprensibilmente destato la curiosità di Moorcroft, che sospettava qualche intrigo dei russi in quella che era considerata zona di influenza inglese. Il compagno di viaggio ungherese di Moorcroft, che aveva dedicato tanto tempo allo studio delle lingue slave, non ebbe difficoltà a tradurre la lettera in inglese; ne preparò anche una versione in latino, che fu spedita a Calcutta. Moorcroft pensava che il latino la avrebbe resa incomprensibile se per disavventura fosse caduta nelle mani degli agenti di Ranjit Singh. Rendendosi conto di essere in presenza di un prodigio linguistico, Moorcroft, pensò bene di utilizzare ancora i notevoli talenti di Sándor.

Gli inglesi in India erano a quel tempo molto interessati al Tibet: George Bogle , il primo inglese che era riuscito a penetrare in quella regione nel 1774, era stato ospite per cinque mesi del Panchen Lama nel monastero Tashilhumpo di Shigaste e nel 1783 Samuele Turner era stato uno dei primi europei a raggiungere Lhasa: queste visite avevano in qualche modo aperto le porte del Tibet, ma pochissimi passi avanti erano stati fatti successivamente per stabilire, relazioni commerciali, diplomatiche o culturali tra i due mondi. Il problema maggiore era la completa ignoranza della lingua tibetana, totalmente assente dagli sforzi degli inglesi di comprendere le lingue del sub-continente indiano. Il solo dizionario di tibetano in una lingua europea era un lavoro fatto dal missionario cappuccino Georgi, intitolato Alphabetum Tibetanum, che era stato pubblicato a Roma nel 1762. Incoraggiato e sponsorizzato da Moorcroft, Sándor ritornò a Srinagar e passò cinque lunghi mesi nella stagione invernale studiando questa lingua aiutato da un tibetano che parlava persiano, lingua che il nostro conosceva bene. Alla fine Sándor arrivò alla conclusione che il testo di Georgi era tristemente carente! Molto colpito dallo zelo che il suo amico transilvano aveva messo in questo compito, Moorcroft gli propose di redarre lui stesso un dizionario della lingua tibetana. E fu così che con gli incoraggiamenti del veterinario, commerciante di cavalli ed incallito vagabondo quale era Moorcroft, che fu avviata la carriera del primo grande tibetologo europeo.

Con i fondi della Società Asiatica del Bengala e con gli aiuti dello stesso Moorcroft, Sándor ritornò a Leh nel maggio del 1823 e di là si rinchiuse nel monastero di Yangla nella valle del fiume Zanskar, dove dedicò 16 mesi allo studio intenso del tibetano. Suo istruttore fu un lama di nome Bandé Sangs-rgyas-phun-tshogs che oltre ad essere l’autorità medica del Ladakh, aveva passato sei anni viaggiando in Nepal, Bhutan e Tibet, dove aveva visitato il monastero Tashilhumpo di Shigaste ed altri monasteri a Lhasa. «Durante la mia residenza a Zanskar – scriverà Sándor – ho imparato la grammatica del tibetano e conosciuto molti tesori letterari composti da 320 grandi volumi stampati, che sono alla base della religione e cultura tibetana». 
Monastero di Yangla


Sándor passò i successivi undici anni assorto negli studi tibetani. Nel 1825 il governo indiano mise il suo imprimatur sulle sue attività e gli garantì un modesto stipendio di 50 rupie: in cambio egli si impegnò a produrre un dizionario tibetano, una grammatica, e dei sommari sulla storia e la letteratura del Tibet. Ritornò a Zanskar nell’agosto del 1825 ma il lama che lo aveva precedentemente aiutato non era più interessato a collaborare: tuttavia riuscì a raccogliere una grande quantità di manoscritti tibetani che riuscì a riportare in India. Dal 1827 al 1830 si ritirò in un cottage nel villaggio di Kanum, dove si immerse nuovamente nello studio della lingua tibetana e dei testi buddisti. Ma Sándor, pur avendo raggiunto elevati livelli conoscenza della lingua e cultura tibetana, non era ancora soddisfatto: il suo prossimo obiettivo era quello di andare a Shigatse e a Lhasa, dove sperava di avere accesso alle biblioteche dei monasteri per trovare informazioni sugli antenati degli ungheresi ed iniziare lo studio della lingua mongola, che lui pensava di poter apprendere dai lama di quelle città. E proprio in Mongolia Sándor era convinto di trovare ciò che cercava.

Completato finalmente il suo lavoro a Kanum, nel 1830 Sándor tornò a Calcutta dove sperava di preparare per la pubblicazione il suo dizionario e la grammatica tibetana. Tuttavia fu per prima cosa impegnato a catalogare una grande quantità di manoscritti tibetani che lo studioso del buddhismo Brian Hodgson gli aveva inviato dal Nepal: questo lavoro lo impegnò per ben 18 mesi!

Si potrebbe pensare che Sándor, dopo aver completato il Dizionario e la Grammatica, sarebbe tornato in Tibet per riprendere le sue ricerche sulla origine degli ungheresi ed invece no: pensando di non essere sufficientemente preparato, in una lettera al segretario della Società Asiatica del Bengala scriveva «poiché non ho raggiunto ancora il mio obiettivo, per cui sono venuto in oriente, vi chiedo di concedermi il permesso del Governo di rimanere ancora tre anni in India allo scopo di migliorare la mia conoscenza del sanscrito e dei vari dialetti locali e ,se il Governo è d’accordo, di concedermi un passaporto in duplice copia, in inglese e in persiano, per potermi recare nelle regioni nord-occidentali dell’India.»

Ottenuto il permesso, Sándor si trasferì a Titalya nel Bengala, dove rimase dal marzo 1836 al novembre 1837. Il maggiore Lloyd, di stanza a Titalya, che era divenuto suo amico riferiva che «per tutto il tempo che rimase là, fu assorbito nello studio del sanscrito e della lingua del Bengala» aggiungendo che a lui «sembrava miseramente fuori di testa». Lloyd, che conosceva gli interessi di Sándor, lo spinse a proseguire per Lhasa passando per il Sikkim, ma lui era riluttante perché riteneva quel viaggio molto pericoloso.

Tornato a Calcutta nel 1838, continuò a lavorare nella biblioteca della Società Asiatica: ma non aveva dimenticato il Tibet. Rifiutò infatti due incarichi uno in Bhutan e uno in Nepal perché da quei luoghi non era possibile proseguire per il Tibet. All’inizio del 1842, a 57 anni di età, si rese conto che se voleva concludere qualcosa doveva muoversi: aveva qualche presentimento però che il viaggio nell’Asia centrale poteva essere l’ultimo per lui. Così lasciò Calcutta per dirigersi a Darjeeling ai piedi dell’Himalaya.

Sándor era felice per essere riuscito ad ottenere un permesso per entrare in Tibet dal Sikkim, ma ecco che il destino bussò alla sua porta: poco prima di partire venne assalito dalla febbre. Lungo la strada per Darjeeling si era fermato qualche giorno nella giungla del Terai, dove probabilmente aveva contratto la malaria: poco tempo dopo, la malattia che peggiorava di giorno in giorno, pose fine alla sua vita ed al suo sogno. Fu sepolto a Darjieeling, dove un considerevole monumento fu eretto sulla sua tomba.

Una delle cose più curiose lasciateci da Sándor - sempre che tutto il resto della sua vita vi sia sembrato banale – è un articolo di tre pagine, preparato per la Società Asiatica del Bengala intitolato Note on the Origins of the Kalachakra and Adi-Buddha Systems in cui riassumeva le informazioni che aveva raccolto su Shambhala mentre era a Yangla: pubblicato sul giornale della Società nel 1833, fu la prima volta che la leggenda di Shambhala venne portata a conoscenza del mondo occidentale. Scrive il nostro:

«Il peculiare sistema religioso chiamato Kalachakra [ che significa Ruota del Tempo, ed appartiene al sistema più elevato del buddhismo tantrico] si suppone derivato da Shambhala (in tibetano “dé-jung”, che significa “sorgente della felicità”) un regno favoloso nel Nord, la cui capitale era Kàlapa, una splendida città residenza di molti famosi re di Shambhala, situata tra il 45° e il 50° parallelo nord, tra Sita o Jaxartes,..».

Il Kalachakra era stato introdotto nell’India Centrale nella seconda metà del decimo secolo d.C. e successivamente, attraverso il Kashmir, era arrivato in Tibet, introdotto a Shambhala da un suo mitico sovrano, tal Suchandra. La dottrina del Kalachakra ed i suoi numerosi testi sarebbero stati conservati, praticati e tramandati senza interruzione dai re sacerdoti di Shambala per diverse successioni e l'intero regno, grazie alla realizzazione spirituale dei suoi sudditi, divenne sempre più etereo e si trasformò in una terra pura.

In seguito, un maestro tantrico indiano del X secolo un sant’uomo chiamato Tsilu ( detto anche Tilupa) riuscì, grazie ai suoi poteri mistici, a raggiungere Shambala dove apprese il Tantra di Kalachakra. Tilupa aveva portato poi gli insegnamenti Kalachakra a Nalanda, il grande centro buddhista di apprendimento dell’India Centrale. Arrivato a Nalanda, Tsilu aveva messo i simboli dei cosiddetti “dieci guardiani del mondo”, con sotto iscritti i sei principi del Kalachakra, sopra la porta di ingresso del tempio. Inizialmente uno dei più influenti pensatori di Nalanda, un certo Narotapa, aveva contestato Tilupa assieme ad altri 500 pandit del luogo ma alla fine tutti “si e erano prostrati ai suoi piedi” accettando il suo insegnamento. Purtroppo il Kalachakra scomparve poco dopo dall’India in seguito alle devastazioni operate dai musulmani. La tradizione venne però preservata in Tibet, giungendo così fino a noi.

Tilupa era stato piuttosto preciso riguardo alla localizzazione di Shambhala, posizionandola tra il 45° e il 50° parallelo nord; “Jaxartes” era poi il nome dato da un antico geografo greco al fiume ora noto col nome Syr Daria, che inizia alla confluenza dei fiumi Naryn e del Qoredaryo nella valle Ferghana (Uzbekistan) e che scorre verso nord-est attraverso il Kazakhstan per poi sfociare nel lago Aral. Includendo il Naryn, che inizia in Kyrgyzstan, l’intero fiume è lungo più di 3.000 km, il più lungo dell’Asia Centrale. Solo il corso inferiore del Syr Darya, sotto la città di Qaraghandy, si estende a nord del 45° parallelo. In quest’area il fiume scorre attraverso la periferia nord-orientale del deserto Qizilqum (Kyzylkum). A nord del Syr Darya – la regione tra il Sita o Jaxartes – il deserto si trasforma nella steppa del Kazakh; quindi il deserto di Qizilqum potrebbe essere quello che Csoma chiama “grande deserto” o “pianure di bianca sabbia” nella sua lettera del 1825 e che deve essere attraversato per raggiungere Shambhala. Secondo Sándor, la leggenda di Shambhala e dei suoi mitici re era basata su posti e popoli realmente esistenti ma che per qualche misteriosa ragione erano stati poi relegati nel regno del mito.
( vedi anche: I missionari gesuiti primi esploratori del Tibet ed il mito di Shambhala)


La tragedia di Sándor Csoma de Körös è che la ipotesi che lo ha spinto per tutta la vita a ricercare le origini del popolo ungherese negli Uighuri era sbagliata. L’ironia della sorte è che in seguito gli studiosi di Shambhala avrebbero identificato nell’antico regno Uighuro di Khocho, localizzato nella depressione di Turfan,nel bacino del Tarim, come uno dei più probabili luoghi dove fosse stanziata Shambhala.

Pare che nel 1933 sia stato avviato un progetto con l'obiettivo di ripristinare il vecchio palazzo reale di Zangla dove Csoma de Körös ha vissuto e compilato il suo dizionario tibetano-inglese. Chiunque può collaborare e offendo una piccola donazione può avere il suo nome scritto su un mattone incorporato nel nuovo monastero. Chissà se il lavoro è stato finito o se c’è ancora possibile aggiungere un mattone col nostro nome...


Fonti:


http://www.shambhala.mn/Files/csoma.html
http://en.wikipedia.org/wiki/S%C3%A1ndor_K%C5%91r%C3%B6si_Csoma