Dao De Jing

Senza uscire dalla porta di casa puoi conoscere il mondo,
senza guardare dalla finestra puoi scorgere il Dao del cielo.
Più si va lontano, meno si conosce.
Per questo il saggio senza viaggiare conosce,
senza vedere nomina, senza agire compie.
Dao De Jing, Lao Zi

giovedì 4 ottobre 2012

Via della Seta o Via dei Sutra?




La diffusione  del buddhismo in Cina rappresenta, ancora oggi, uno dei processi di acculturazione delle idee e delle credenze religiose tra più straordinari della Storia dell'umanità. Culture elaborate e dai profondi risvolti filosofici e spirituali, come quelle indiana, centroasiatica e cinese, riuscirono in Cina a fondersi e a costituire un insieme di scuole dottrinali e di culture materiali, parte delle quali sopravvive tutt'oggi nell'area di influenza cinese e in Giappone, e da dove, nello scorso secolo, hanno raggiunto l'Occidente.

Il Buddhismo è penetrato in Cina agli albori dell'era cristiana, sotto la dinastia Han, giungendo, lungo il tratto orientale della Via della Seta, dalla Serindia, nome che deriva dalla combinazione delle parole Seri e India ed indica propriamente la parte dell'Asia nota anche come, Turkestan Cinese o Asia Superiore, che in quel periodo era diventata un protettorato cinese.
Il tratto orientale della Via della Seta

La forza militare della dinastia Han aveva infatti permesso all'impero di espandersi a occidente nella pianura desertica del Tarim, dove erano situate le città-stato e i principati dei Tocari, Saci e Sogdiani nella provincia del Xinjiang-Uigur attualmente di etnia prevalentemente uigura. In questo modo la Via della Seta veniva resa sicura fino al Pamir, ai confini con la Battriana nell'odierno Afghanistan. Come vedremo, in quella regione inospitale la diffusione del buddhismo fu impressionante e modificò in modo irreversibile la vita delle popolazioni che vivevano là: la cosa interessante è che proprio tramite le testimonianze dei viaggio dei monaci che si muovevano avanti e indietro tra la Cina e l’India, possiamo ricostruire la vita di quei luoghi.

(vedi anche:La Cina alla ricerca di Roma: il prode ban Chao e l'ingenuo Gan Ying)

E proprio attraverso l’Afghanistan [pensate alla diffusione “culturale” che questa regione rappresenta oggi] che si creò quel collegamento tra India e Cina che consentì la diffusione del buddhismo in quella regione: non si hanno notizie certe su quando questo avvenne  ma solo leggende, la principale delle quali vorrebbe che l'imperatore Míng Di, degli Han Orientali, (regno: 57-75 d.C.) avesse sognato un uomo d'oro. Particolarmente colpito dall'accaduto, un suo consigliere suggerì che potesse essere un dio straniero di nome Buddha. Míng inviò dunque alcuni ambasciatori verso Occidente, che tornarono insieme a due monaci indiani, Kāśyapa Mātanga  e Gobharana, condotti su di un cavallo bianco. I monaci portarono con loro testi delle scuole del buddhismo dei Nikaya, tra cui il Sutra in quarantadue capitoli, che tradussero nel 67 d.C. a Luòyáng dove fondarono il Monastero del Cavallo Bianco.

Qualcosa di  più documentato si ha a partire dal II sec. d.C., grazie alle cronache monastiche cinesi. Intorno al 150 giunse in Cina, come ostaggio, An Shigao, un principe persiano buddhista il quale avrebbe tradotto diversi sutra (le cronache parlano di 35 testi) delle scuole del buddhismo dei Nikaya. Nel 181 giunse il persiano An Xuan, un mercante il quale, divenuto discepolo di An Shigao, tradusse altri testi sempre delle scuole del buddhismo dei Nikaya e predicò attivamente la dottrina buddhista. Poi, sempre nel II secolo, è la volta di Lokaksema un vero e proprio missionario mahayana proveniente dall’impero Kushan che tradusse moltissimi testi ma di scuole del buddhismo mahayana. L'opera di Lokaksema fu seguita da un altro missionario kushan, Zhi Qian, un monaco poliglotta, discendente di una famiglia che si era stabilita un secolo prima a  Luoyang. Il più importante traduttore del III sec., anche lui un kushan, fu tuttavia Dharmaraksa. La sua famiglia si era stabilità da tempo a Dunhuang e là nacque Dharmaraksa che entrò in un monastero buddhista a soli 8 anni. I buddhisti cinesi e gli stranieri buddhisti residenti in Cina sentirono tuttavia la necessità di acquisire direttamente nuovi testi religiosi, quindi Dharmaraksa accompagnò il suo maestro, un monaco indiano conosciuto con il suo nome cinese, Zhú Gāozuò, in un viaggio verso l'Occidente dove visitarono numerosi regni incontrando ben 36 idiomi diversi e raccogliendo sutra buddhisti. Tornato in Cina, Dharmaraksa si occupò della loro traduzione. Ne tradusse ben 149 prima di morire, in età molto avanzata, nel 316 d.C.

Nel corso del IV secolo, a seguito della invasione della Cina settentrionale da parte dei popoli delle steppe (in particolare gli Xiongnu), la corte cinese abbandonò Luoyang spostandosi verso Sud, fondando la nuova capitale a Jiankang (oggi Nanjing) e la nuova dinastia Jin Orientale (317-420). Nella Cina meridionale il Buddhismo prosperò soprattutto tra le classi aristocratiche e vi furono importanti monaci cinesi, che operarono per inserire la dottrina buddhista nella cultura tradizionale cinese. Tra questi monaci cinesi, va menzionata l'opera di Huiyan ( 334-416), fondatore del monastero di Dōnglín ( Monastero del Bosco Orientale), Dao’an (312-385), fondatore del monastero di Xiuanyan. Nel corso di quegli anni venne completata la progressiva raccolta di sutra buddhisti provenienti dall'Asia centro-orientale e quindi si cercò di raggiungere l'India, il paese che diede i natali al Buddha Shakyamuni, per poter completare la raccolta con nuovi testi.

Per tale ragione nel 399 partì, sempre da Jiankang, il monaco cinese Fa Xian ( 340-418) per una missione durata 14 anni (dal 399 al 412) in India e Sri Lanka alla ricerca dei Vinaya indiani e di nuovi sutra. Il suo viaggio è descritto nel suo Annotazioni sui regni buddhisti, redatti dal monaco cinese Fa Xian sui suoi viaggi in india e Ceylon alla ricerca dei libri della disciplina buddhista, in cui illustra la storia e la geografia di numerosi paesi incontrati lungo la Via della Seta, l’India e Ceylon. Dalle Annotazioni di Fa Xian, che forse sono le prime informazioni che abbiamo su quelle regioni, possiamo ricostruire come era il bacino del Tarim nel V secolo: seguiamolo nel suo avventuroso viaggio per il tratto di Via della Seta che attraversa quelle regioni.
Il viaggio di Fa Xian

Partito da Chang’an, Fa Xian attraversò la provincia del Gansu arrivando a Lanzhou: già in quella zona trovò le prime difficoltà, in quanto, per i disordini che agitavano quella provincia, era quasi impossibile viaggiare sulle strade principali: dovette proseguire per vie secondarie. Tuttavia il re locale lo accolse benevolmente e lo ospitò per qualche mese. Riprese quindi il viaggio accompagnato da alcuni monaci e si diresse a Dunhuang, dove fece un’altra tappa.


Le grotte di Mogao
Probabilmente a Dunhuang visitò le grotte di Mogao, che da pochi anni si stavano sviluppando: si tratta di un sistema di 492 tempietti scavati nella roccia, in una rupe lunga 1600 metri (per cui il termine con cui sono note, cioè "grotte", può non essere il più adatto a descriverle). La leggenda narra di un monaco buddhista chiamato Lezun che, nel 366, ebbe una visione: mille Buddha. Convinse quindi un ricco pellegrino della Via della Seta a fondare il primo tempio che si trova qui. Col passare dei secoli i templi crebbero fino a superare il numero di mille, e con essi vennero costruiti ricoveri e repositori di testi sacri, e cappelle votive. Fra il IV e il XIV i monaci di Dunhuang raccolsero numerosi manoscritti occidentali, e molti dei pellegrini che passavano per il sito dipinsero affreschi all'interno delle grotte, oltre a lasciare un'offerta e a pregare per propiziarsi un viaggio tranquillo.
 Gli affreschi coprono una superficie di oltre 42.000 metri quadrati.
I monaci buddhisti praticavano una vita austera e speravano che l'isolamento delle grotte li avrebbe portati più facilmente all'illuminazione. I dipinti servivano come aiuto per la meditazione, in quanto rappresentazione visiva della ricerca dell'illuminazione. Inoltre avevano lo scopo di illustrare agli analfabeti le storie e le credenze buddhiste. Tuttavia, nel corso dell' XI secolo le grotte vennero murate, in quanto erano ormai diventate ricolme di vecchi manoscritti, lacerati o perlopiù inutilizzabili. Agli inizi del XX secolo un taoista cinese di nome Wang Yuan-Lu si autonominò guardiano di alcuni di questi templi. Egli scoprì che dietro ad un muro vi era un corridoio, il quale portava ad una piccola caverna ricolma di antichi manoscritti (tutti databili fra il 406 e il 1000): antichi rotoli di canapa cinesi e tibetani, antichi dipinti su seta e carta e molte figure di Buddha, perlopiù danneggiate. Wang si imbarcò in un ambizioso progetto di restauro dei templi, sia per mezzo di donazioni private che di istituzioni. Oggi le grotte di Mogao sono uno dei più importanti siti turistici della regione, oltre che attrattiva per numerose spedizioni scientifiche, anche se la minaccia alla conservazione del sito arriva dalla sabbia che si è riversata sulle facciata della rupe ricoprendo con un velo le opere, dal vento che ha eroso la roccia, dall'umidità che ha deteriorato le opere e dai terremoti che hanno fratturato la struttura. Nel 1987 le Grotte di Mogao sono state inserite nell'elenco dei Patrimoni dell’umanità dell'UNESCO.

Il deserto di Lop Nor
Fa Xian fu aiutato dal prefetto locale di Dunhuang,  che fornì al gruppo i mezzi per attraversare il deserto di Lop Nor, [un antico lago salato, poi dissecatosi e diventato una immensa crosta di sale di 3.000 km2. Per la cronaca i cinesi lo hanno utilizzato nel 1959 per il primo test nucleare] Fa Xian lo descrive: « … infestato di demoni feroci e battuto da venti caldissimi. Non si vedono uccelli volare, né animali muoversi sul terreno: le uniche indicazioni sula via da percorrere sono le ossa risecchite di uomini e animali che si incontrano ai bordi delle piste».

Dopo un viaggio di 17 giorni, avendo percorso circa ottocento chilometri, il pellegrini raggiunsero il regno di Shanshan (con capitale Loulan), un territorio collinoso e sterile.  Posizionato sul ramo meridionale della Via della Seta, che collega Dunhuang a Khotan, Sanshan fu conteso per secoli tra i cinesi han e gli Xiongnu, in quanto territorio strategico per il controllo del traffico delle merci tra oriente e occidente. Fa Xian ci racconta che:

Luolan


«Gli abiti degli abitanti sono grossolani ma simili a quelli indossati nella nostra terra di Han. Il re segue la nostra legge[buddhismo], e nella regione si trovano più di 4000 monaci Theravada [hinayana]. Le persone comuni di questo e di altri reami in questa regione seguono, come i monaci,  le regole di vita indiane, anche se in modo più blando. Così i viaggiatori che si muovono verso occidente, trovano le stesse regole in tutti i reami, a parte la diversità delle lingue locali. I monaci tuttavia, che hanno abbandonato la vita mondana e lasciato le loro famiglie, sono tutti studiosi dei Libri Sacri indiani e conoscitori della lingua indiana[sanscrito]».

Il bacino del Tarim

Qui si fermarono per un mese e quindi ripresero il cammino verso nord-est, raggiungendo, dopo un paio si settimane, il regno di Karashahr  sul bordo settentrionale del Tarim: qui trovarono delle comunità di monaci di più di 4000 persone, tutti seguaci  della scuola Hinayana. Questi monaci erano di osservanza molto stretta e i monaci cinesi non erano preparati a seguire le loro regole: Fa Xian riuscì a rimanere per un paio di mesi in uno di quei monasteri, aiutato dal sovrintendente Fu Gongsun che lo aveva preso in simpatia. Tuttavia la gente del luogo trascurando i doveri di correttezza e di giustizia trattò gli stranieri in maniera così avara che alcuni compagni di Fa Xian se ne tornarono verso Turfan con la speranza di ottenere là i mezzi per proseguire il loro cammino. Turfan è stato per lungo tempo il centro di una oasi fertile ( l’acqua era ottenuta attraverso un ingegnoso sistema di canali, detto karez, che raccoglieva l’acqua dai monti e la convogliava verso la città tramite una fitta rete di canali sotterranei) ed un importante centro commerciale. Sede di un antico regno chiamato Gushi, fu conquistata dai cinesi nel 60 d.C. ma durante la dinastia Han passò di mano varie volte tra cinesi e Xiongnu. Dopo la caduta degli Han la regione diventò un regno vassallo della Cina, governato da popolazioni uigure.

Fa Xian riuscì invece, grazie alla liberalità di Fu Gongsun, ad avere i mezzi per proseguire, con la restante compagnia, in direzione sud-ovest. Trovarono però quella regione totalmente deserta: le difficoltà che trovarono nell’attraversarla furono al limite della capacità umana ma per fortuna, dopo più di un mese di marcia riuscirono a raggiungere Khotan.

L’antico reame di Khotan  è stato uno dei primi stati buddhisti al mondo ed ha rappresentato un ponte culturale attraverso cui la cultura e l’insegnamento buddhista fu trasmesso dall’India alla Cina. L’oasi di Khotan ha una posizione geografica strategica trovandosi alla congiunzione tra un antico ramo della Via della Seta (quello che corre lungo il lato sud del bacino del Tarim, tra Dunhuang e Kashgar) con una delle antiche vie che portavano a sud verso il Tibet e l’India. Ecco come lo descrive Fa Xian:
Un tempio a Khotan

«Khotan è un regno piacevole e prosperoso, molto popolato. Gli abitanti seguono la nostra legge e amano divertirsi riunendosi per ascoltare e cantare le loro musiche religiose. Ci sono miriadi di monaci, la maggior parte di scuola mahayana. Tutti ricevono il loro cibo dai magazzini comuni. Le case della gente sono separate l’une dalle altre ed ogni famiglia ha un piccolo stupa davanti alla porta di casa. Nei monasteri ci sono delle foresterie che ospitano i monaci viaggianti, che sono riforniti per tutte le loro necessità. I monaci sono chiamati a mangiare dal suono di una campana: quando entrano nel refettorio, il  loro comportamento è ispirato ad una gravità riverente, prendo posto in modo ordinato il tutto in un perfetto silenzio. Non si sente alcun rumore dalle loro ciotole o da altri utensili durante il pasto e se qualcuno di questi uomini puri ha bisogno di cibo, non può chiamare gli inservienti ma solo fare dei segnali con le mani…».

Alcuni compagni di Fa Xian partirono in anticipo, mentre Fa Xian rimase là con il resto del gruppo per altri tre mesi, perché voleva vedere le processioni delle immagini. Ed ecco come le descrive:

Il re di Khotan
«In quel reame ci sono quattro grandi monasteri, senza contare quelli più piccoli. A partire dal primo giorno del quarto mese dell’anno, i monaci spazzano e lavano le strade all’interno della città ripulendo anche i vicoli e strade secondarie. Davanti alla porta della città allestiscono una grande tenda, magnificamente adornata in tutti i modi possibili, dove il re e la regina, con le cortigiane in abiti sfarzosi, prendono temporanea residenza. I monaci del monastero Gomati, di tradizione mahayana, tenuti in grande reverenza da parte del re, hanno la precedenza su tutti gli altri nella processione: a distanza di un paio di chilometri dalla città, allestiscono un grande carro che trasporta le immagini sacre in una configurazione che richiama la sala grande del monastero. Le sette sostanze preziose (cioè oro, argento, lapislazzuli, quarzi, rubini, diamanti  e agate) sono tutte presenti sul carro assieme a drappi di seta e baldacchini tutto intorno. L’immagine principale del Buddha è sistemata nel centro del carro, con due Bodhisattva che lo scortano, mentre quelle dei Deva [esseri soprannaturali] tutte impreziosite da oro ed argento sono disposte appese ai fianchi in guisa di corteo. Quando il carro arriva in prossimità della porta della città, il re si toglie la corona e si cambia d’abito indossando un semplice saio e portando fiori ed incenso, esce dalla sua tenda per rendere omaggio alle immagini sacre, circondato da due ali di cortigiani. Prostrato a terra ai piedi del carro sacro sparge i fiori e brucia l’incenso. Il carro poi entra in città, accompagnato dalla regina e dalle dame di corte che spargono ogni tipo di fiore al suo passaggio. Nei giorni successivi il rito si ripete: ogni monastero infatti prepara il proprio carro sacro ed effettua la processione, finché al quattordicesimo giorno, il rito termina ed il re ritorna nel suo palazzo».


Terminato il rito delle processioni, Fa Xian riprese il cammino verso l’India. A partire da Khotan, raggiunse Tashkurgan, vicino a Kashgar, dove i due rami della Via della Seta che aggiravano il deserto di Taklamakan si ricongiungevano per poi proseguire ad ovest verso il Mediterraneo e a sud verso l’India. In quest’ultima direzione, le difficoltà del viaggio cambiavano totalmente: non più zone calde e desertiche come quelle incontrate nel bacino del Tarim, ma altissime ed impervie montagne da attraversare. Per arrivare in India bisognava infatti superare il passo del Karakorum, alto oltre 5.500 m. che collega Yarkand a Leh nel Ladakh. Fa Xian così commenta quella fatica: «la neve le ricopre tutto l’anno e in quelle rigide zone si possono incontrare draghi velenosi che ,se provocati, sputano dei venti velenosi dalle loro fauci e provocano tormente di neve o tempeste di sabbia: solo uno su diecimila si salva quando incontra questi pericoli. La gente del luogo chiama questa catena “ Monti Nevosi” ». Oggi, come si può vedere dalla cartina, c’è una comoda autostrada che collega il Xinjiang all’India (anche se, per motivi climatici, il passo è aperto “solo” da maggio ad ottobre!).


Dopo un altro mese di viaggio raggiunsero Skardu [ nel Ladak] dove Fa Xian ritrovò i suoi compagni di viaggio che erano partiti prima. Di qui si mossero verso l’India Settentrionale e dopo un altro mese di cammino, Fa Xian e i suoi compagni arrivarono in India, nel Punjab: e qui lasciamo il nostro pellegrino alla ricerca dei libri sacri buddhisti.


Dopo 14 anni Fa Xian tornò in Cina via mare non senza gravi difficoltà dovute a vari naufragi. Riuscì comunque a portare con sé molti testi buddhisti ed immagini sacre e passò il resto della sua vita a tradurre e commentare le scritture che aveva raccolto.


Sitografia









2 commenti:

  1. Buongiorno,
    Sono un operatore da un'agenzia di viaggi a Uzbekistan. Vorrei chiedersi, posso prendere qualche informazione sul Via della Seta, da vostro sito. Certamente, con fonto. Grazie.

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    1. Quasi tutto il materiale dei miei post proviene da fonti pubbliche: il "valore aggiunto", se mai, deriva dal collegare cose che sembrano non avere relazione. Quindi non c'è nessun problema!
      L'unica cosa gradita sarà la citazione del blog!
      saluti!

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