Dao De Jing

Senza uscire dalla porta di casa puoi conoscere il mondo,
senza guardare dalla finestra puoi scorgere il Dao del cielo.
Più si va lontano, meno si conosce.
Per questo il saggio senza viaggiare conosce,
senza vedere nomina, senza agire compie.
Dao De Jing, Lao Zi

sabato 21 febbraio 2015

Fra Cassiano da Macerata e il labirinto di Scimangada




Nel XVII secolo il Vaticano prese la decisione di avviare un’attività missionaria in Nepal ed in Tibet e per un periodo di circa 70 anni mandò un grande numero di missionari in queste remote regioni dell’Himalaya. Un decreto della Congregazione de Propaganda Fide, emanato nel 1703 e riconfermato, malgrado l'opposizione dei gesuiti, nel 1732, aveva affidato la missione ai cappuccini della provincia picena dell'Ordine.

Della cosiddetta “Disputa sui Riti” , la controversia tra gesuiti e cappuccini sulla gestione delle missioni in Oriente, ne parlo in: Ippolito Desideri: il primo italiano sul “Tetto del Mondo”.( in realtà il primo italiano a entrare nel Tibet era stato Odorico da Pordenone nel 1330!). I Gesuiti avevano fatto vari tentativi infruttuosi nel secolo precedente, a partire da quello del portoghese Antonio de Andrade, di stabilire una sede in Tibet. De Andrade aveva inviato dei gesuiti aldilà dell'Himalaya, credendo di avere avuto notizie di una comunità cristiana in quelle zone, forse la mitica Shangri-La  o i seguaci del leggendario Prete Gianni (vedi anche: Baudolino, Marco Polo e il mitico Prete Gianni). La missione  di De Andrade ebbe la base a Tsaparang, nel Guge, ma alla fine non fu riscontrato alcun segno significativo di una precedente evangelizzazione. In compenso la missione cristiana chiese e ottenne il permesso di predicare nel regno di Guge. Tale missione fu abbandonata allorché il Guge fu invaso dalla popolazione del Ladakh. (vedi anche: I missionari gesuiti primi esploratori del Tbet)

Fin dal 1707 un piccolo numero di cappuccini aveva soggiornato a Lhasa, esercitando la professione medica e occupandosi della piccola comunità di mercanti armeni, russi e cinesi cristiani, senza svolgere, per mancanza di uomini e di mezzi, alcuna attività di proselitismo. Nel 1735 uno dei cappuccini di Lhasa, il padre Orazio della Penna, tornò in Italia, per chiedere alla Congregazione un numero sufficiente di missionari e un'adeguata copertura finanziaria, ottenendo gli uni e l'altra; ripartì quindi nel 1738 con un primo gruppo di missionari (otto cappuccini e un frate laico), il più giovane dei quali era Cassiano.

Cassiano da Macerata (al secolo Giovanni Beligatti) era nato a Macerata nel 1708, ed era entrato nel 1725 nell'Ordine dei Cappuccini, presso il convento della sua città. Questi, partito a piedi da Macerata il 17 agosto 1738 con due confratelli, aveva raggiunto Orazio della Penna e gli altri membri della missione a Parigi il 22 novembre 1738. Colà vennero acquistati un torchio a stampa (la stamperia di Propaganda aveva fornito ai missionari un buon numero di caratteri tibetani), doni per il re del Tibet e una serie di medicinali e strumenti chirurgici, al cui uso venne particolarmente istruito Cassiano. L'11 marzo 1739 i missionari salparono da Lorient, diretti alla colonia francese di Chandernagore nel Bengala. Scrive Cassiano:

«… I missionari… si posero in cammino alla spicciolata per raccogliersi poi tutti al porto di Lorient, che doveva essere il luogo d’imbarco… il viaggio attraverso la Francia. Compiuto sempre a piedi, fu assai molesto e malagevole; i frati patirono spesso la fame, e dovettero perlopiù adattarsi a dormire nelle stalle, perché ben di rado i conventi li ospitavano, ma con mille pretesti li mandavano altrove, ed essi erano sempre scherniti, insultati e fatti segno a mille scherzi grossolani…»

 Cassiano giunse nel Bengala il 26 settembre 1739, dopo un viaggio privo di incidenti. Di là i missionari risalirono il Gange fino a Patna (26 dicembre 1739), sede delle ultime fattorie commerciali europee sulla via del Nepal e di un ospizio cappuccino; proseguirono quindi per il Nepal, dove giunsero nel febbraio del 1740. Dopo una lunga sosta (6 febbraio-25 maggio 1740) presso l'ospizio dei cappuccini di Bahagdaon (oggi Bhaktapur), i missionari si trasferirono a Katmandu, dove attesero per alcuni mesi allo studio delle lingue indostana e tibetana (8 giugno-4 ottobre 1740).



«… Traversato il fiume Bagmati entrarono in Nepal, e valicata un’alta montagna trovarono il fiume Kakokù, che dovettero passare a guado 9 volte, e viaggiando in mezzo a foreste di pini e d’ippocastani, dopo essere passati per il castello di Kuà giunsero il 6 febbario a Bahagdaon, capitale del regno del medesimo nome, dove da qualche tempo i cappuccini avevano un ospizio. Furono bene accolti dal re e trattati con somma famigliarità, e il Beligatti s’intrattiene a parlare delle prove ricevute della benevolenza regale…»

 Con un seguito di 32 portatori attraversarono quindi l'Himálaya, pernottando nelle locande appositamente collocate lungo l'arduo ma assai frequentato percorso, e giunsero a Lhasa il 6 gennaio 1741.

L'accoglienza del sovrano (in realtà governatore, essendo il paese sottoposto all'autorità cinese) fu benevola, e i rapporti con il clero locale, inizialmente, ottimi. Cassiano poté così visitare i conventi, esercitare la medicina, e svolgere con i suoi compagni opera di evangelizzazione. Ma il potenziamento dell'attività dei missionari, malgrado gli scarsi successi dei loro sforzi (diciannove conversioni in tutto), destò le preoccupazioni dell'autorità di uno Stato nel quale la vita civile si identificava con quella religiosa. I convertiti, che avevano rifiutato di partecipare alle pubbliche preghiere buddiste, vennero condannati alla fustigazione, e la libertà di culto e proselitismo concessa nel 1741 venne abolita nel 1742.

«… Provvisti dell’occorrente i missionari partirono, e dopo un lungo e dificile viaggio arrivarono a Lhasa nel gennaio del 1741. Fu lor fatta buona accoglienza, specialmente dal re, e, dopo aver appresa la lingua del paese, si dettero a predicare, ma con frutti piuttosto scarsi. Ben presto poi i religiosi tibetani cominciarono a veder di malocchio il favore che i missionari godevano presso il re. Nacque fermento che andò man mano crescendo finché un bel giorno parecchie centinaia, di preti buddhisti, raccoltisi dai vari conventi di Lhasa e dei dintorni, invasero il palazzo reale, e rimproverarono al re il suo contegno. Questi, atterrito, temendo di fare la fine dei suoi tre predecessori, uccisi appunto per odio dei lama, dichiarò ipso facto i padri decaduti dalla sua grazia; impose loro di non predicare nel Tibet se non ai mercanti venuti di fuori…»

Nel tentativo di alleggerire la situazione il padre Orazio della Penna, prefetto della missione, rimandò nel Nepal tre dei suoi frati, fra i quali Cassiano (31 agosto 1742); tre anni dopo, tuttavia, anche gli altri cappuccini dovettero lasciare definitivamente il paese, ponendo fine per un secolo al tentativo di evangelizzare il Tibet. Cassiano continuò l'attività missionaria nel Nepal e nel Bengala fino al 1756, quando una malattia lo costrinse a tornare in patria. Si stabilì a Macerata, pur soggiornando lungamente a Roma dove il prefetto di Propaganda Fide, cardinale Spinelli, gli affidò l'istruzione dei giovani destinati alle missioni dell'India e dove fu il principale collaboratore del padre A. Giorgi nella stesura dell'Alphabetum Tibetanum Missionum Apostolicarum commodo editum..., pubblicato a Roma nel 1762. Morì nel convento di Macerata nel 1791. Diverse altre sue opere, in parte ancora inedite, si conservano nella Biblioteca comunale Mozzi Borgetti di Macerata.



Il considerevole numero di rapporti e di lettere trasmessi dai missionari fornisce una preziosa fonte di informazione sullo stato di quei paesi durante il XVIII secolo. In particolare, abbiamo notizie della seconda missione nel Tibet del padre Orazio della Penna e dei particolari di quel viaggio dal diario di Cassiano. (Giornale di fra' Cassiano da Macerata dalla sua partenza da Macerata seguita gli 17 agosto 1738 fino al suo ritorno nel 1756, diviso in due libri), conservato manoscritto presso la Biblioteca Comunale di Macerata (5-3-C.18) e pubblicato parzialmente da A. Magnaghi (1902)e interamente da L. Petech (1953). Perduta ne è purtroppo la seconda parte, nella quale erano riferiti i motivi per i quali i cappuccini avevano dovuto lasciare il Tibet, e che conteneva ampie descrizioni degli usi, costumi e religione del Tibet e del Nepal. Di estremo interesse geografico e soprattutto etnografico è tuttavia anche la prima parte, un manoscritto di circa 200 pagine con disegni fatti a penna, acquerelli e mappe di edifici, sia per l'accurata e precisa descrizione dell'itinerario sia per i bei quadri degli usi tibetani, particolarmente delle feste religiose.

Nel resoconto del suo viaggio dall’India verso il Tibet, viaggio  pieno di pericoli, poiché la giungla era abitata da tigri, elefanti e rinoceronti, Cassiano il 29 di febbraio scrive:

«…abbiamo anche visto in parecchi posti antiche rovine, alcune di esse sembravano resti di edifici importanti. Non potevamo capire come, in foreste così grandi e antiche, a giudicare dalla età degli alberi, potessero essere stati costruiti edifici di qualche importanza. Negli anni successivi, durante il mio soggiorno in Nepal, ho cercato di informarmi su queste rovine, di cui avevo chiesto a Bavanidat durante il viaggio, ma non avevo capito le sue risposte, dato che avevo difficoltà a comunicare con lui. Molti nepalesi di Batgao, mi hanno assicurato che quelle rovine erano i resti dell’antica e famosa città di Scimangada, [Simraongarh] che aveva dato origine ai loro regnanti: la città era circondata da un complesso sistema di difese murarie molto alte, strutturate come un labirinto: per entrare in quella città bisognava girarle attorno avanti e indietro, seguendo i meandri di tale labirinto, e superare il controllo di quattro fortezze, posizionate in punti strategici del percorso a distanza di due miglia l’una dall’altra: il percorso per entrare in città era così lungo e complesso che ci voleva un mese per arrivare al centro abitato. All’interno di tale fortificazione c’erano campi coltivati e corsi d’acqua che potevano produrre cibo per la numerosa popolazione che era governata da un grande Re il quale estendeva il suo dominio su un vasto territorio, gestito dal suo Primo Ministro. Un giorno, uno di questi ministri, che era caduto in disgrazia presso il Re, giurò di vendicarsi  e tramò per tradire il suo paese e consegnarlo nelle mani dei musulmani. D’accordo con i nemici, fece radunare le loro truppe all’entrata del labirinto; quindi, conoscendo la struttura del labirinto,  fece aprire un varco nel muro  di difesa ne punto dove in muri si incrociano, dove nessuno si aspettava degli attacchi: fu così che i musulmani poterono penetrare direttamente in città e massacrare gli abitanti. In pochi riuscirono a fuggire, uscendo proprio dal varco aperto dai nemici: uno di questi scampati era un figlio del Re, che fuggì in Nepal, dove cercò di restaurare il regime del padre. Questo è quanto mi è stato più volte raccontato sulla città di Scimangada, la cui mappa viene conservata, scolpita su pietra, nel palazzo reale di Batgao e che io ho ricopiato qui… »



Il testo è accompagnato da una illustrazione, intitolata “Pianta della città di Scimangada e delle sue mura”: “A” rappresenta l’ingresso al labirinto, “B” la prima fortezza, “C” la seconda fortezza, “D” la terza ed “E” la quarta”. “F” rappresenta la città di Scimangada. “g-g” è il punto dove venne aperto il varco.

La presenza di labirinti in Asia è rara in confronto con l’Europa, e si trova menzionata principalmente nelle regioni occidentali e meridionali dell’India e dello Sri Lanka. Quella di Cassiano è l’unica menzione dell’esistenza di un labirinto in Nepal.

Il labirinto di Scimangada è progettato secondo il modello classico, con la croce centrale ed otto file di mura. Consiste in un singolo cammino, che si sviluppa circolarmente  avanti ed indietro, per formare sette circuiti circondati da otto muri, che avvolgono la meta centrale secondo il seguente schema di costruzione:


Questo modello è detto impropriamente “cretese”, con riferimento al leggendario labirinto di Cnosso, sull’isola di Creta: tale labirinto, secondo la mitologia greca fu fatto costruire dal Re Minosse per rinchiudervi il mostruoso Minotauro, nato dall'unione della moglie del re, Pasifae, con un toro. In realtà è probabile che Dedalo abbia costruito il palazzo reale di Cnosso: la complessità del palazzo, un intrico di strade, stanze e gallerie, ha dato origine al mito del labirinto.
Quando Androgeo, figlio di Minosse, morì ucciso da alcuni ateniesi infuriati perché aveva vinto troppo ai loro giochi disonorandoli, Minosse decise, per vendicarsi, che la città di Atene, sottomessa allora a Creta, dovesse inviare ogni nove anni (o ogni anno) sette fanciulli e sette fanciulle ateniesi da offrire in pasto al Minotauro, che si cibava di carne umana. Questo avvenne finché Teseo, eroe figlio del re ateniese Egeo, si offrì come giovane da offrire in pasto al Minotauro per ucciderlo. Quando Teseo arrivò a Creta, Arianna, la figlia di Minosse e Pasifae, si innamorò di lui e lo volle aiutare nella sua impresa. E proprio a Dedalo, si rivolse Arianna, per sapere come aiutare Teseo a uccidere il Minotauro e uscire dal Labirinto, e come sappiamo il consiglio del filo riuscì a far trionfare Teseo nell'impresa.


 Quando Minosse venne a sapere che ad aiutare sua figlia e Teseo era stato Dedalo, non potendo prendersela con la figlia fuggita insieme all'eroe, pensò di punire Dedalo, rinchiudendolo insieme al figlio, Icaro, nel Labirinto, che egli stesso aveva progettato. L'unico modo per uscire dal Labirinto era evadere volando; ingegnoso come era, Dedalo costruì due paia di ali, uno per sé e l'altro per il figlio. Si raccomandò con Icaro di restargli sempre dietro durante il volo, di non strafare e soprattutto di stare attento a non avvicinarsi troppo ai raggi del Sole perché, le ali, attaccate alle spalle con della cera, potevano staccarsi in quanto il calore avrebbe sciolto la cera. Come non detto, Icaro durante il volo, provando piacere si allontanò dal padre e raggiunse i raggi del Sole che sciolsero la cera e lo fecero precipitare nel mare, dove morì. Dedalo triste e desolato, atterrò in Campania a Cuma, dove costruì un tempio al dio Apollo, consegnando le ali che aveva inventato per evadere dal Labirinto di Creta.



sitografia:
 





giovedì 5 febbraio 2015

Ecco l’anno della Capra! Sarà sopra o sotto la panca?





La Festa di Primavera (春节Chūnjié) o capodanno lunare, in Occidente generalmente noto come capodanno cinese, è una delle più importanti e maggiormente sentite festività tradizionali cinesi. A differenza del nostro calendario, basato essenzialmente sul Sole, quello tradizionale cinese è di tipo luni-solare fondato anche sui cicli lunari: il capodanno inizia alla seconda luna nuova dopo il solstizio d’inverno (21 dicembre). Poiché essa, in un anno, compare dodici o tredici volte, il Capodanno cinese non ha una data fissa, ma cade tra il 21 gennaio e il 19 febbraio del calendario gregoriano. Quest’anno, 2015, il Capodanno cinese è molto pigro, capita proprio il 19 di Febbraio!. In ossequio con i dettami dell'astrologia cinese, ogni anno è contrassegnato da un «segno» animale costituito da un ciclo di 12 elementi; il capodanno cinese determina il passaggio da uno all'altro di questi elementi: dopo l’anno del Serpente, il 2015 sarà l’Anno della Capra .

La Capra nella cultura occidentale


Nella cultura occidentale gli ovini (nome con cui comunemente si indicano capre e pecore) hanno avuto diverse valenze simboliche nello scorrere dei secoli: questi animali, frugali e resistenti, amanti dello spazio ed del movimento, capaci di vivere e prolificare su terreni impervi e aridi, soffrono la prigionia e fuggono il controllo.
La capra è un animale pacifico e vicino all’uomo per il quale incarna l’abbondanza, con i doni di latte, carne, pellame, ma anche la selvatichezza, l’imprevedibilità, la scontrosità che la rendono «capricciosa» e testarda. Nelle ataviche civiltà pastorali simboleggiava la fatica, lo spirito di adattamento, grazie ai quali consentiva all’uomo l’allevamento e la sopravvivenza in territori che per la loro struttura morfologica non consentivano altri tipi di allevamenti o coltivazioni. Come per altri animali, il valore simbolico della capra è diverso dal maschio e dalla femmina. Mentre il caprone o l’ariete rappresentano la vitalità e l'incrollabile risolutezza nel raggiungere uno scopo, la capra e la pecora, tra i primi animali che l'uomo ha addomesticato,  sono considerate un simbolo modesto, un animale innocente e sciocco, facile preda del lupo.


Per queste caratteristiche, la capra viene comunque associata alla fertilità e alla vitalità: nella mitologia greca è difatti la capra Amaltea a nutrire Zeus infante che la madre aveva nascosto nell’isola di Creta per proteggerlo dal padre Crono che divorava i propri figli. Diventato adulto e re degli Dei  Zeus con una delle sue corna creò la cornucopia, il corno dell’abbondanza traboccante di cibo e bevande e infine la immortalò per sempre tra le stelle della costellazione del Capricorno. Sempre in Grecia è la capra ad essere sacra a Dionisio: i grandi poeti greci ottenevano come premio per le loro opere migliori un capro. (dall’antico greco “tragos” [caprone] deriva infatti  la parola “tragedia”).


Il dio Pan era, nella mitologia greca una divinità non olimpica, mezzo uomo e mezzo caprone. Era solitamente riconosciuto come figlio del dio Ermes e della ninfa Driope. Era un dio potente e selvaggio, esteriormente è raffigurato con gambe e corna caprine, con zampe irsute e zoccoli, mentre il busto è umano, il volto barbuto e dall'espressione terribile. Vagava per i boschi, spesso per inseguire le ninfe, mentre suonava e danzava. Era molto agile, rapido nella corsa ed imbattibile nel salto: principalmente indicato come dio Signore dei campi e delle selve nell'ora meridiana, proteggeva le greggi e gli armenti, gli erano sacre le cime dei monti.

Significativo è il richiamo alla capra nella mitologia nordica: gli einherjar erano gli spiriti dei guerrieri che erano morti combattendo valorosamente in battaglia. Le Valchirie scortavano i caduti nel campo di battaglia nel Valhalla, il paradiso nordico. Ogni giorno venivano svegliati dal gallo Gulinkambi e marciavano fino al grande campo Idavoll per scontrarsi l'uno con l'altro in combattimento. Alla fine della giornata, anche se feriti gravemente,  miracolosamente guarivano e ritornavano nel Valhalla, dove Andhrìmnr il cuoco degli dei, aveva preparato un pasto per ciascuno di loro dal maiale di Sæhrìmnir, che rinasceva ogni giorno, e idromele, nettare dolcissimo che sgorgava in continua abbondanza dalle infaticabili mammelle  di Hedrun, una capra che si nutriva delle foglie di Yggdrasill, l’albero della vita che affondava le sue radici negli inferi e sosteneva i nove mondi che costituiscono l’universo. Gli einherjar trascorrevano poi tutta la notte in festa con le adorabili valchirie finché non cadevano addormentati, ubriachi. E così, grazie all’idromele, non si ricordavano mai delle loro esperienze quotidiane e ricominciavano il giorno successivo, in un eterno ciclo, per essere sempre allenati e pronti a combattere le forze di Hel e i Giganti, quando il dio Odino li avrebbe chiamati.



Per la legge ebraica, la capra è un animale «pulito» e può essere macellato per onorare un ospite importante, oltre che per celebrare alcuni tipi di sacrifici. Tende di pelle di capra venivano utilizzate nella tenda che conteneva il tabernacolo. Durante lo Yom Kippur, venivano scelte due capre: una veniva sacrificata e l'altra lasciata fuggire, portando con sé i peccati dell'intera comunità; è da quest'usanza che deriva il concetto di «capro espiatorio».


Nel Nuovo Testamento, molto nota è la parabola del “buon pastore: in quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo». (...).


Successivamente, la Chiesa Cattolica diede un’accezione negativa  a questo animale ed ha cercato di sopprimere la sua venerazione, in antitesi alla mitologia greca che coglieva  nel  profondo legame di questo animale  con la terra, la natura ed il mondo silvestre un simbolo sessuale. Se nelle cosmologie pre-cristiane il caprone è segno di virilità nel periodo medievale, dove la repressione della sessualità è crescente, sarà la rappresentazione della lascivia, un essere puzzolente e impuro sempre alla ricerca dell'appagamento sessuale. Nella religione cristiana, lo stesso Satana è spesso raffigurato con sembianze da caprone antropomorfo: satiro dal corpo umano e le zampe e corna caprine, simbolo delle pulsioni sessuali. La Chiesa  volle quindi attribuire all’animale un valore spregiativo associandolo a Satana, a rapporti sessuali libertini ed incontrollati, attribuzione negativa che trovò facile terreno nei circoli occultisti alla moda di Inghilterra e Francia e che con l’inquisizione si trasformò nella orribile caccia alle streghe organizzatrici di orge con il Demonio.

Il Capra nella cultura orientale

In Oriente, la capra ( yang) ha tutt’altro valore simbolico: simboleggia pace interiore, tranquillità, onestà e bellezza, ad esaltazione della vita armoniosa col Cosmo e sottolineando l'importanza dell'amore e della protezione degli animali. In India la capra è considerata la madre del mondo e per altri popoli asiatici le sue corna sono il retaggio del suo legame con il potere degli Dei attraverso la quale passano i loro  fulmini scagliati a terra. La Capra in Cina simboleggia la pietà filiale (xiao) perché l’agnello si piega sulle ginocchia mentre la madre lo allatta.


La Capra nell’astrologia cinese


Il Calendario cinese è composto da cicli di sessanta anni, costituiti a loro volta da cinque cicli di 12 anni (5 x 12 =60) che vedono nell’ordine susseguirsi i seguenti segni: Topo, Bue, Tigre, Coniglio, Drago, Serpente, Cavallo, Capra, Scimmia, Gallo, Cane e Cinghiale. Ognuno di questi segni zodiacali si combina con i cinque elementi fondamentali della Tradizione cinese: Legno, Fuoco, Terra, Metallo e Acqua, per cui un animale compare cinque volte, ogni volta associato ad un elemento diverso. L'astrologo computa gli oroscopi in base ad uno schema che mette in relazione ogni anno (a partire dal suo inizio variabile), con uno dei dodici animali simbolici.
 Essi vengono chiamati «Reggitori dell'anno». In genere i cinesi non fanno molta distinzione tra capra o pecora per cui spesso si usa chiamare l'ottavo segno dello zodiaco cinese anche Pecora. La Capra è  l’ottavo animale dello Zodiaco cinese: sempre molto valutato in Cina, questo animale compare ogni dodici anni: ecco una tabella con gli anni della Capra a partire dal 1900, dove vecchi e meno vecchi Capre e Caproni potranno riconoscersi!

Anni della Capra
Elemento dominante
13 febbraio 1907- 01 febbraio 1908
Fuoco
01 febbraio 1919 - 19 febbraio 1920
Terra
17 febbraio 1931 – 05 febbraio 1932
Metallo
05 febbraio 1943 – 24 gennaio 1944
Acqua
24 gennaio 1955 – 11 febbraio 1956
Legno
09 febbraio 1967 – 29 gennaio 1968
Fuoco
28 gennaio1979 – 15 febbraio 1980
Terra
15 febbraio 1991 – 03 febbraio 1992
Metallo
01 febbraio 2003 – 21 gennaio 2004
Acqua
19 febbraio 2015 – 07 febbraio 2016
Legno


L’Anno della Capra

Anche se, per omofonia, simboleggia anche lo “yang” () il principio maschile, l’anno della capra è dedicato alla famiglia, all'armonia, alle arti e alle attività creative. Riguarda i momenti “passivi” e il nutrimento ad ogni livello, anche spirituale. L'anno della Capra aiuta il processo di guarigione da eventi passati e asseconda coloro che credono nella pace, nella fiducia e nel buon senso che accompagnano la vita. Gli attributi della Capra saranno fondamentali per determinare lo “stato d'animo” di quest'anno. Sarà un periodo dove si tenterà di ricucire gli strappi dovuti all'irruenza del Cavallo, un periodo in cui si attueranno incontri di pacificazione per trovare soluzioni ai conflitti che ci affliggono e per mantenere una pace più duratura. Un anno dove il buon senso prevarrà sulla forza bruta. Anche nell'ambito famigliare si metteranno da parte i rancori, si prenderà il tempo per ricomporre ciò che incomprensioni, rabbia e aggressività hanno frantumato. La calma della Capra non farà sparire magicamente i dubbi, la rabbia o la violenza, ma li ricoprirà con un velo di pace, armonia e saggezza. Nasconderà tutto ciò che potrà disturbare l'armonia per concederci il tempo di guarire. In ogni caso, speriamo che sia "sopra la panca"!


I nati della Capra

I nati della capra sono eleganti, spigliati, amano la natura ed hanno temperamento artistico. I loro modi sono pacati ma sono solo in apparenza dei bonaccioni, il  loro spirito è capriccioso: si lasciano facilmente addomesticare ma tirano la corda. Avendo scarso senso della responsabilità e poca iniziativa, scarso senso del tempo, sono esitanti, preoccupati e snervanti specialmente per i loro ritardi. Nati per obbedire, se ben diretti saranno degli ottimi  collaboratori e potranno esercitare con successo professioni artistiche o tecniche. Stiano però lontani dal commercio: non riuscirebbero a vendere nulla! Fra le Capre si incontrano cortigiane, ruffiani, parassiti, ma anche grandi artisti e scrittori: dipende dalla fortuna, dalla educazione e dalla qualità dell’erba del prato. Nella vita di coppia, sono soliti fondare la relazione su salde basi di onestà e lealtà; in questo modo vivono rapporti lunghi nel tempo, senza sentire il bisogno di alcuna evasione.

Capre famose

Pamela Anderson, Jane Austen, Catherine Deneuve, Robert De Niro, Mel Gibson, George Harrison, Julio Englesias, Mick Jagger, Sir Laurence Olivier, John Wayne, Bruce Willis.


Ma le Capre non sono tutte uguali: ad ogni apparizione viene associato uno dei «Cinque Agenti» che, con le sue influenze, determina alcune sfumature del carattere, accentua o riduce determinate tendenze: solo ogni sessanta anni si può trovare lo stesso tipo di Capra!

Capra d’Acqua

L’Acqua rappresenta la libertà, la fluidità, le emozioni: è simbolo di vita e purificazione. I nati sotto l'influenza dell'Acqua sono sensibili, intuitivi e spesso opportunisti: percepiscono con immediatezza e con il loro magnetismo riescono a condizionare chi gli sta intorno, per soddisfare le proprie ambizioni. Profondamente sensibile, pessimista, impressionabile, La Capra d’Acqua tende al vittimismo. Ottime per contro la sensibilità artistica e le capacità poetiche e musicali.


Capra di Legno

Il Legno rappresenta l’inizio, la crescita, la freschezza, il dinamismo, la vivacità. E’ il simbolo cinese della saggezza ed è l’elemento legato alla primavera e alla natura che rinasce. La Capra di legno è buona ed altruista e molto affettuosa e fiduciosa in chi ama, in particolare la famiglia ed i figli.






Capra di Fuoco

Il Fuoco rappresenta l’azione e l’attività, il fuoco brucia, da calore e si espande, in tutta la sua natura di elemento estivo, solare e passionale. Simboleggia la purificazione ma anche la distruzione. I nati sotto l'influenza del fuoco sono propensi ad intraprendere attività rischiose: decisi a aggressivi, sanno influenzare gli altri con le loro ottime qualità dirigenziali. La Capra di Fuoco è la più coraggiosa ed innovativa ma anche la più emotiva e illogica nonché la più spendacciona. La sua attività preferita è costruire castelli in aria salvo poi deprimersi se non riesce a realizzarli

Capra di Terra

La Terra rappresenta le radici, le basi, la sicurezza, la lentezza, la ricettività. I nati sotto l'influenza della Terra sono sempre gentili, pratici e dolci. Inclini a modi ed espressioni tradizionali, loro non vogliono correre rischi e tendono a muoversi con accuratezza e cautela, sicurezza e giusta valutazione. Il successo  è raggiunto con fatica, ma destinato a durare. La Capra di terra è fiduciosa e sognatrice ma piuttosto prudente, sia nelle scelte che nelle spese. Diversamente dalle altre capre sa gestire la sua vita con maggiore indipendenza.

Capra di Metallo

Il Metallo rappresenta la ricchezza, l'abbondanza, le finanze. Bipolarità energetica: durezza, orgoglio, presunzione e arrivismo ma anche pigrizia, dolcezza, influenzabilità, disponibilità, sensibilità ed emotività. Generalmente, i nati di questo elemento si mostrano ambiziosi e capaci: essi, anche imponendosi grossi sacrifici, raggiungono sempre lo scopo prefissato, ignorando consigli e aiuti, perché caparbi, testardi e assolutisti. Vulnerabile e suscettibile la Capra di Metallo riesce tuttavia a dimostrarsi coraggiosa e a fidarsi un poco di sé. Insegue la sicurezza economica ed affettiva ma fatica a controllare le emozioni e ad adeguarsi ai cambiamenti.


I Compagni di viaggio

Per avere un oroscopo completo, è inoltre necessario conoscere l'ora di nascita, che determina un secondo animale complementare a quello reggitore dell'anno. Esso si chiama «Compagno di viaggio», arricchisce ed influenza il segno annuale, ed ha alcune analogie con l'ascendente dell'astrologia occidentale. Potete determinare il vostro compagno di viaggio in base alla seguente

ora cinese
Compagno di viaggio
ora cinese
Compagno di viaggio
23-01
Topo
11-13
Cavallo
01-03
Bufalo
13-15
Capra
03-05
Tigre
15-17
Scimmia
05-07
Coniglio
17-19
Gallo
07-09
Tigre
19-21
Cane
09-11
Serpente
21-23
Cinghiale



La Capra ed i suoi compagni di viaggio

Capra– Topo
Un’opportunista sempre preoccupata di se stessa
Capra – Bufalo
Combattuta tra severità e capriccio. Migliora la puntualità
Capra – Tigre
Inaffidabile e incostante, sa sempre ottenere ciò che vuole
Capra – Gatto
Astuta e riservata è abile nel defilarsi dalle responsabilità
Capra – Drago
Insospettatamente decisa, ha buone possibilità di realizzazione
Capra - Serpente
Lucida e competente, realizza  suoi progetti con riservatezza
Capra – Cavallo
Spendacciona e fantasiosa: una vita ricca di imprevisti
Capra – Capra
Sogna molto ma conclude poco
Capra - Scimmia
Una certa autostima consente di agire positivamente sulla realtà.
Capra – Gallo
Molte idee, poche realizzazioni. Va guidata per ottenere risultati
Capra – Cane
Altruista, razionale agisce di più e si commisera meno.
Capra - Cinghiale
Indole collaborativa, sa resistere alle prove e alle difficoltà

Il gioco delle coppie



Esattamente come gli elementi che possono accordarsi o contrapporsi, generarsi o distruggersi, anche i segni Animali possono armonizzarsi o scontrarsi l’un l’altro. In particolare, La Capra è in ottime relazioni con Gatto e Maiale, mentre ha pessime relazioni col Bufalo.



 Salvare capra e cavoli



E per finire, eccovi la soluzione del famoso gioco di logica, “salvare capra e cavoli”  che significa salvaguardare due obiettivi (bisogni, interessi, tornaconti) apparentemente inconciliabili. Il modo di dire nasce dal seguente gioco di logica: un contadino deve trasportare sull’altra riva di un fiume una capra, un lupo e un cesto di cavoli. Ha a disposizione una barchetta che può contenere, oltre a lui, solo una di queste cose per volta. Può fare quanti viaggi desidera, ma deve risolvere un ulteriore problema: non può lasciare soli sulla riva la capra e i cavoli, e neppure il lupo e la capra, perché la capra mangerebbe i cavoli, e il lupo la capra.




Per chi fosse interessato ad altri articoli sull’argomento,

Il 2011 è stato l’anno del Coniglio:




Il 2012 è stato l’Anno del Drago:


Il 2013 è stato l’anno del Serpente:


Il 2014 è stato l’anno del Cavallo:


Fonti:
Giuliana Giani, Segno astrologici e zodiaco cinese, Ed. Albero,Mi,1989
Derek Walters, Il libro completo della astrologia cinese, Ed. Gremese,Roma,1988
Wolfram Eberhard, Dizionario dei simboli cinesi, Ed. Ubaldini,Roma,1999
R.Wilhelm, I Ching, il Libro dei mutamenti, Ed. Adelphi,Mi, 1991
http://www.artearti.net/magazine/articolo/cavalli-sacri-dal-paradiso-la-storia-il-mito-larte
http://lalunanellago.blogspot.it/2015/01/lanno-della-capra-di-legno.html